Srefa... Non li avevo mai sentiti nominare, ho ascoltato l'album di cui adesso vi scrivo quasi sfiduciato, e probabilmente non li avrei mai proposti, se non fosse che un vecchio amico, che forse ne sa più del sottoscritto, me li aveva indicati poco tempo prima che mi imbattessi nel loro debutto.
Si tratta di quattro israeliani, di cui una donna al microfono,
Dorin Hajon, tendenza, questa di avere alla voce il gentil sesso, che sta prendendo sempre più campo; e pensare che io da uomo un po' retrogrado credevo che non sarebbero state all'altezza del ruolo in un genere duro come il Black Metal, e invece mi sbagliavo di grosso…
Gli
Srefa si formano nel 2020 a Tel Aviv, e dopo aver dato alle stampe un EP nel 2022,
"Primal", e un singolo quest'anno in corso, rilasciano finalmente, a fine aprile, il primo full-length da cui chi vi scrive è rimasto ammaliato:
"Solstice", sotto l'egida della
Satanath Records in collaborazione con la
Australis Records; etichetta georgiana, la Satanath, che per inciso consiglio a tutti, se già non lo state facendo, di tenere costantemente sott'occhio.
Come posso descrivervi
"Solistice"? Il rischio è quello di ripetersi in continuazione... Ma tuttavia il Black è un po' anche questo, è quel calore gelido che ti consola nelle nottate peggiori dell'esistenza, in quelle in cui non vorresti avere più nient'altro da fare o da dire.
"Sosltice" è proprio tutto ciò, incarnando alla perfezione l'essenza della fiamma nera più tradizionale. Una fiamma nera che viene piegata, seviziata, fatta crepitare e gridare dagli
Srefa al punto che nel loro "parlare" l'idioma scandinavo è lei infine a parlare il loro.
Sound lo-fi saggiamente "ricostruito" ad arte dove tutti gli strumenti sono ben in evidenza, e in cui il basso riesce non solo a ricavarsi uno spazio, bensì a ricamare anche splendide armonizzazioni dissonanti e ad assumere ruoli di primo piano in svariati momenti del platter, rimanendo ben udibile in qualunque frangente.
Gli israeliani infondono in poco meno di 43 minuti tutta la furia iconoclasta del Black Metal, la sua epicità, l'ammaliante evocatività atmosferica che talvolta lo può contraddistinguere, e quell'ingombrante carico di disperazione delle sue declinazioni più depressive.
Gli israeliani aprono il fuoco con
"Ensnared and Conquered" martellando con un attacco iniziale così fottutamente
Mayhem dei tempi di
"De Mysteriis Dom Sathanas" (1994), per poi proseguire per tutta la tracklist con un Black Metal crudo e al contempo raffinato, che non disdegna guitarworks dalle trame intricate - richiami a
Darkthrone,
Judas Iscariot,
Mütiilation e primi
Immortal -, e tutto con grande originalità. Creando strutture dense di una melodia ricavate da dinamiche dissonanti, a tratti sincopate, e in altri frangenti invece più gelide e monocromatiche con classici tremolo e blast beats davvero devastanti.
Si gioca anche con le atmosfere utilizzando i tipici droni presi in prestito da
Burzum; si rimescolano poi le carte inserendo influenze carpite a pieno titolo dal DSBM, come nella cadenzata e suggestiva
"A letter to Self"; e si propaga con vigore tutta la potenza epica ed elitaria del Black in
"The One I Could Have Been".
Troviamo anche un alone di misticismo amplificato da alcune sparute clean female vocals che si insinuano talvolta confusamente; e portanti un'aura mediorientale rinvenibile anche in qualche trama melodica delle chitarre, la quale riesce egregiamente a sposarsi con il gelo del metallo nero, che tuttavia qui forse risulta un po' stemperato, ma è giusto così; poiché questo genere è anche e soprattutto identità.
Un LP devastante e tipicamente anni '90 che non si limita ad una mera azione di fotocopiatura, e questo lo si avverte anche sul fronte concettuale, uscendo dai cardini stantii e inutili del satanismo. Inoltrantesi, al contrario, nei meandri di una visione introspettiva esistenzialista che niente toglie alla furia sonora dell'insieme dell'opera.
Violenza espressiva, atmosfere desolanti, sospensive, e pregevoli intarsi armonici su un telaio di nero ferro arrugginito.
Questo è
"Solstice".
Recensione a cura di
DiX88