La vena Progressive dei
Deafcon5, si potrebbe già intuire dalla proposito di realizzare un concept dal mood filosofico e fantascientifico e che affronta quelle che sono delle riflessioni sul "vivere", una storia che ci dettagliano nel prologo iniziale ("
Prologue", appunto) e concludono con "
Who I (Really) Am", e che la formazione tedesca, nata ad Amburgo nel 2008 e con alle spalle altri tre album, esprime con una proposta musicale interessante e sofisticata, dove alcuni dei riferimenti possono essere Fates Warning, Royal Hunt o Vanden Plas, per spingersi persino ai Pink Floyd.
L'influenza di questi ultimi si intravede già su "
Caught In", dove è evidente sin da subito l'importanza della chitarra di
Dennis Altmann, comunque ben assecondata dal resto del gruppo, che siano le tastiere di
Frank Feyerabend o la sezione ritmica,
Frank Schwaneberg al basso e il batterista
Sebastian Moschuring, ma soprattutto accompagnata dalla voce calda e incisiva di
Michael Gerstle.
I
Deafcon5 arrischiano qualche scelta un po' macchinosa con una "
As I Am" dal flavour hardeggiante seppur introdotta da suoni industriali, per poi concedersi ad un brano più arioso ma allo stesso tempo sofferto, quale "
Disaffection", dove il pensiero è veleggiato sino dalle parti del Dickinson solita. Non che "
Escape Route" parta all'arrembaggio, con le sue chitarre delicate ma anche un po' inquietanti che tratteggiano un brano intenso e cangiante, dove
Gerstle mette in mostra tutta la sua versatilità. Maggiormente lineari invece "
Self-Delusion", altra bella prova d'assieme dei cinque musicisti, e la delicata ed introspettiva "
Serious Doubts", dove a
Gerstle si affianca la voce femminile di
Kati nel ruolo dello spirito guida.
È poi il momento di "
Disequilibrium", a mio parere l'apice dell'album, con un largo squarcio strumentale dove
Altmann si lancia in un lungo assolo, che non appesantisce ma arricchisce un episodio articolato e cangiante che sfiora gli otto minuti. Con la successiva "
Trip to Me" si giunge poi quasi a nove di minuti, e qui forse si insiste un po' troppo sui suoni spaziali nella parte iniziale e nel cercare di mettere in fila troppe cose, anche degli spunti Jazz, sicuramente il brano più ostico del lotto, ma anche quello che merita maggior attenzione, vista la ricchezza di spunti e dettagli.
Nell'andare a riportare una per una le varie canzoni, il rischio è quello di perdere quella che è la visione d'assieme del viaggio che i
Deafcon5 fanno nel labirinto della mente umana, un percorso lungo il quale si sono fatti accompagnare anche da
Simone Mularoni (chitarrista dei DGM e rinomato produttore) che ha curato il mixing ed il mastering. E ora mi ci sono accodato volentieri pure io.
"
Exit To Insight" è una piacevole sorpresa, un album davvero interessante che finalmente porta alla nostra attenzione una band che era rimasta, inspiegabilmente, sottotraccia.
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