Che i
Flotsam And Jetsam siano tornati sulla retta via da ormai quasi una decina d'anni non è un mistero, e più passa il tempo più il ricordo di dischi estremamente mediocri come 'The Cold' appare sempre più distante. Difficile dire quale sia stata anche la molla capace di risvegliare la band dal torpore generale che li ha intrappolati dai primi anni 2000' circa in poi, se sia stato l'arrivo di
Steve Conley al basso nel 2014, quello due anni più tardi di
Ken Mary alla batteria, o comunque una ripresa generale da parte di tutti verso un sound thrash oriented più deciso e compatto. Sta di fatto che gli ultimi tre album dei
Flots sono riusciti a riportare il nome del gruppo su lidi molto più dignitosi, ognuno con le proprie caratteristiche ma accomunati tutti da un thrash/power con pochissimo spazio a rallentamenti, o soluzioni più sperimentali. La parola chiave che oramai sembra accomunare tutti i dischi finora degli americani sembra esser stata una sola: diretto.
Band photo provided by AFM Records for free promotional use [Copyright @Shane Eckart]
Ammeto quindi di aver avuto molta curiosità verso questo nuovo
'I Am The Weapon', seppur la copertina un po' alla Skyrim, per quanto abbia fatto comunque la felicità di molti rivedere il Flotzilla (la mascotte) tornato in pianta stabile negli artwork, mentre per altri magari è il contrario. Sorvolando sui discorsi sul packaging, l'album purtroppo comincia ad accusare i primi colpi di una formula oramai troppo affidabile, in un certo senso quasi riciclata, pur riuscendo in alcune occasioni a tirar fuori gli artigli e a graffiare al momento giusto. Rientrano perfettamente in quest'ultima frase tutti i singoli presentati, da
'Burned My Bridges' dal ritornello più melodico, a
'Primal' che mostra come
Eric A.K. a quasi 60 anni sappia ancora destreggiarsi in maniera più che notevole tra le diverse sfumature delle sue linee vocali, arrivando alla Titletrack che suona più come una vera e propria sfuriata in faccia, con un lavoro notevole di
Ken Mary dietro le pelli. Accade però che se la prima metà del disco, diciamo idealmente fino all'ottima
'The Head Of The Snake', è molto buona, la seconda metà cala in maniera abbastanza drastica. Attenzione non intendo che da un momento all'altro il disco si capovolga totalmente come qualità, ma l'andamento un po' zoppicante di una
'Beneath The Shadows', o ancora ai ritornelli per nulla coinvolgenti di
'Cold Steel Lights' o
'Kings Of The Underworld' non fanno che aumentare la percezione che tra i primi venti/venticinque minuti dell'album e i restanti ci sia una differenza abbastanza evidente. Si salva in corner la conclusiva
'Black Wings', ma alla fine non si può dire che rimanga la sensazione di aver ascoltato un album totalmente omogeno come poteva essere ad esempio il precedente.
I
Flotsam And Jetsam non suonano male, questo lungi da dirlo, la produzione c'è e il talento da parte tutti anche, ma l'impressione è che per una metà abbiano lavorato molto bene sulle varie canzoni, mentre per l'altra invece la fretta abbia avuto la meglio, mantenendo il tutto sul pilota automatico, non realizzando come detto delle castronerie, ma neanche a comporre pezzi egualmente validi come quelli ad inizio ascolto.
[Copyright Artwork @Andy Pilkington]
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