Ok … nella scena musicale contemporanea la comparsa dell’ennesimo
supergruppo non desta più particolare “impressione”, ma mentirei se non ammettessi di essermi avvicinato con curiosità ai
Dark Mile proprio per il loro prestigioso organico.
In realtà, continuando sulla radicata linea della schiettezza, ad attirare l’attenzione è stata soprattutto la presenza di
Tracy G, un chitarrista che deve la sua fama in particolare alla passata
partnership con
Ronnie James Dio, e che ho sempre apprezzato per un certo buongusto esecutivo e per il “coraggio” e la determinazione con cui ha saputo affrontare un incarico tutt’altro che agevole.
Reminiscenze del buon lavoro sviluppato da
Paul Alfery nei Walk The Walk e l’interesse per la prova di
Mark Huff (ex Quiet Riot, sempre a proposito di avvicendamenti "complicati" ...) hanno fatto il resto, lasciando a
Randy Oviedo (Streek) il ruolo, per quanto mi riguarda, di illustre
carneade della situazione.
Un’attrattiva fortunatamente concretizzatasi in maniera piuttosto felice alla prova dei fatti, dacché “
Dark mile” è un pregevole esempio di
hard n’ heavy al tempo stesso compatto e melodico, sulla scia di
band quali Steelheart, Quiet Riot, King Kobra, Winger o magari pure dei WW III, per rimanere in tema di “discepoli di Dio” e sperando che qualcuno si ricordi di loro.
Evidenziando fin da subito l’eccellente prova vocale di
Huff, l’albo esordisce con una possente “
The boy” (l’esortazione “
I wanna rock …” è sempre una condivisibile dichiarazione d’intenti …), per poi replicare immediatamente con la pulsante “
No deal”, figlia di Kix, Britny Fox e (fatalmente) AC / DC.
Ancora grinta, ma con un pizzico di superiore lusinga melodica la garantisce “
I can’t help you”, e se “
Like never before” è un breve, gradevole, interludio strumentale, il clima ombroso e le spirali armoniche adescanti di “
Is anybody listening” assicurano cinque minuti abbondanti di notevole suggestione emotiva.
Una forma di magnetismo rilevabile (soprattutto se siete
fans di Whitesnake e Lion) anche nella (immancabile)
power ballad “
Games”, e che invece latita leggermente in una “
He said she said” che sfrutta in modo un po’ troppo prevedibile i pur nobili dettami dell’
hard-blues.
Su un’analoga direttrice stilistica si colloca “
Maybe on a sunday”, nobilitata però da un
groove e da un
refrain maggiormente efficaci, e anche le successive “
Know me”, con il suo vigoroso
background evocativo, e “
Where’s the love”, un altro “lento” virile e passionale, riescono a infondere buone sensazioni.
L’arcigno
anthem “
United we stand” (con un titolo del genere era difficile aspettarsi qualcosa di diverso …) e l’incalzante e granitica “
Lies” aggiungono ulteriore muscolare energia sonica ad un programma complessivamente parecchio godibile.
In conclusione possiamo dunque affermare che i
Dark Mile all’esordio si dimostrano all’altezza del loro
pedigree, combinando un
songwriting di discreta qualità con una più “scontata” adeguatezza tecnica … nessuna specifica forma di “originalità” nella loro proposta artistica, ma in tempi in cui questa prerogativa è davvero rara, “
Dark mile” merita una pronta considerazione da parte degli appassionati del settore.