Nonostante una strenua difesa da parte del leggendario avvocato Danny Crane, i
Dream Evil dopo l'uscita di "
Six" alla fine erano stati condannati a ben sette anni di silenzio.
Ma, non appena scontata la condanna, eccoli qui pronti a spezzare questo
Long Loud Silence dando alle stampe un nuovo album, dove imperturbabili alle accuse rivoltegli in occasione della precedente uscita, non rinunciano al consueto ruolo di
Defenders of The Faith, compito che svolgono subito alla perfezione con la tonante e militante "
Metal Gods" che non solo apre e dà titolo al nuovo album, ma è anche un flashback, con i primi passi nell'universo Metal dei primi anni '80 da parte di un giovane metalhead alla scoperta di album seminali come "Unleashed in the East", The Number of the Beast", "The Eagle Has Landed" e "Battle Hymns", tutti rigorosamente citati nel corso di un brano anthemico e chiassoso come nella miglior tradizione della formazione svedese.
Lasciatisi alle spalle questa goliardica opener, si inizia a fare sul serio con "
Chosen Force", mid-tempo energico ma ad alto tasso melodico in cui i
Dream Evil fanno sfoggio delle loro qualità compositive ed esecutive, con
Niklas Isfeldt in alto... sugli scudi.
Della line-up storica assieme al frontman
Isfeldt, ecco l’imprescindibile
Fredrik Nordström (che oltre a suonare la chitarra ha ovviamente prodotto l'album) ed il bassista
Peter Stålfors, ma ritroviamo anche il chitarrista
Markus Fristedt (già su "United" e "Six") cui ora si unisce il batterista
Sören Fardvik, e non si fanno mancare nemmeno alcuni ospiti. Il primo a palesarsi è
Jonathan Thorpenberg (The Unguided) che piazza il suo guitar solo su "
The Tyrant Dies at Dawn", dove gli svedesi vanno a rispolverare il Power Metal corale e baldanzoso degli Heaven's Gate. Si continua imperterriti con "
Lightning Strikes" spedita, dai ritmi serrati e cori azzeccati, contesto nel quale i
Dream Evil danno il meglio di loro (non per niente il mio brano preferito resta sempre "Invisible"), cui replicano con la priestiana "
Fight in the Night". Brusca frenata con l'hard anthemico di "
Masters of Arms", dove incappiamo in un lungo assolo dello special guest
Tommy Johansson (Majestica, ex ReinXeed e Sabaton), mentre "
Born in Hell" (a metà tra Judas Priest e Twisted Sisters) si fregia del contributo dell'ex Arch Enemy
Chris Amott. E' quindi il momento di "
Insane" (
Top of the Bill del disco) e non datemi del pazzo se ci vedo una forte influenza degli Scorpions, ma è innegabile che
Isfeldt ribadisca anche qui tutto il suo valore, tanto nei passaggi hardeggianti quanto in quelli più veloci, quelli su cui poi punta la thrasheggiante "
Night Stalker" (pseudonimo del serial killer Richard Ramirez) senza però rinunciare né ad un tocco melodico a livello del refrain e, sul finale, neppure ad un insistito guitarwork di stampo maideniano.
Non so poi chi può averli fatti incazzare tanto da meritarsi gli strali della conclusiva semi-ballad "
Y.A.N.A.", ("
For me, you are nothing, you are nothing at all..."), chissà magari qualcuno che gli ha fatto una brutta recensione, beh... a questo punto lo dico a chiare lettere: "
Metal Gods" ci riconsegna i migliori
Dream Evil.
Godiamoceli.
Metal.it
What else?