Michael W. Ford, in arte
Akhtya Nachttoter, porta avanti il suo progetto, i
Black Funeral, da ormai oltre 30 anni, potendosi vantare, inoltre, di essere stato insieme a
Judas Iscariot,
Demoncy, in modalità differenti gli
Absu, uno dei fondatori dello USBM.
A distanza di pochi mesi dall'EP
"Wallachian Voivode", si ripresenta con un nuovo full-length rilasciato sotto l'egida della
Dark Adversary Productions:
"Flames of Samūm".
Come chi conosce la band può immaginare, si tratta di un prodotto di nicchia… Raw Black Metal allo stato puro, con produzione scadente e qualche piccola imperfezione esecutiva, in particolar modo per quanto riguarda alcuni tempi di batteria. Tuttavia, come ogni amante del genere sa, non è questa la discriminante per stimarne il valore; tali "difetti" spesso sono intenzionali, o quasi, e passibili di trasfigurazione in elementi di pregio.
"Flames of Samūm", al pari di tutti i lavori di
Akhtya Nachttoter, mantiene viva la sua ossessione per la demonologia esoterica, e in particolar modo si sofferma sul retroterra culturale arabo, o ad esso affine, con varie atmosfere, inserite negli intrecci sferraglianti delle ritmiche di base provenienti dal Marocco e dalla Mesopotamia.
Questa forse è la parte più interessante del platter, poiché riesce a far coesistere, con la crudezza sonora tipica dell'arte oscura nordica, e dunque dal tasso gelido piuttosto elevato, il calore e la capacità di fascinazione delle melodie mediorientali, ricavantesi uno spazio tutto loro lungo l'arco dei vari brani. Siano esse poste a inizio traccia o nelle retrovie, oppure quasi a funzione di cesura, come avviene con il basso in
"Shamhurish al-Tayyar" che di
tanto in tanto emerge, con i suoi giri sinuosi ed eleganti, in piena
Apparente antitesi con la ruvidità d'insieme.
Un gusto melodico e una dimensione atmosferica – pur senza scadere nel Dark-Ambient ritualistico / cerimoniale di
"Moon of Characith" (1999) – capace di trascinarci perfettamente nella situazione esoterica evocata dall'americano. Armonie suadenti che, oltre, come già accennato, riuscire a ricavarsi uno spazio a sé stante – tramite anche una ricca strumentazione, tra cui strumenti a fiato folcloristici (
"The White Corpse") o a percussione tipici del Medio Oriente, coadiuvati da un'elettronica delicata e ricca –, finiscono per ripercuotersi, giustamente, perfino nel songwriting. Così, a un ascolto più attento, sarà possibile ravvisare nel marasma di acciaio nero e nell'involucro che ne ovatta il suono, una senso melodico pregno di tutta la capacità di fascinazione del male, in grado di elevare a un livello superiore una proposta antiquata come quella dei
Black Funeral, evitando di farla scadere al rango di riproposizione parodistica di un passato ormai (purtroppo) scomparso.
Al primo ascolto non capirete niente… ma voi lo sapete già.
Solo per amanti del vero Black Metal… tutti gli altri non capirebbero.
FFO: Darkthrone, Demoncy, Judas Iscariot, Mütiilation, Vlad Tepes, ecc.ecc.
Recensione a cura di
DiX88
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