Trovare un disco di
hard n’ heavy “lussuoso”, capace di oscillare tra grinta, raffinatezza e adescamento, più efficace di “
Shut up!”, è un’impresa che ritengo sarà impegnativa (per non dire proibitiva …) per ogni rappresentante del settore, di ogni ordine, grado, blasone e nazionalità.
Ancora una volta (era già successo nella trattazione del precedente “
Don’t count on heroes” …) le scintillanti prestazioni discografiche dei
Danger Zone tendono a farmi diventare stranamente “perentorio” nei giudizi, e fin dalle prime parole delle disamine che le riguardano.
I motivi del suddetto approccio vanno ricercati in una musica che non “avrebbe” bisogno di molte annotazioni tanto è corposa, avvincente, ispirata, suonata e interpretata con enorme erudizione e dosi esorbitanti di
feeling, in grado di polarizzare senza sosta gli umori degli appassionati del genere.
Poi, però, subentrano fatalmente le ben note necessità del
rockofilo grafomane, e allora ecco che il condizionale diventa d’obbligo e qualcosa sarò costretto ad aggiungere in merito a quello che al momento è in cima alla mia classifica delle migliori uscite dell’anno.
Eh già, perché pochi altri finora hanno saputo eguagliare le doti tecniche ed espressive di questi sei straordinari musicisti, e nessun altro è stato capace di concepire e dare forma a undici lame sonore così finemente acuminate, perfette per essere affondate all'istante nei sensi dei
melomani impegnati all’ascolto.
E in tale affermazione, credetemi, non c’entra l’affetto e la stima che nutro da tempo per questi “veterani” della scena italica, dalla storia travagliata … ma se per caso avete dei dubbi, sono certo che sarà sufficiente anche solo un contatto con la melodia adescante e pulsante dell’
opener “I like it” per iniziare a confidare nelle mie entusiastiche valutazioni.
Il “bello”, poi, è che nel prosieguo dell’opera il livello artistico si mantiene eccezionalmente elevato, a partire dall’inebriante carica armonica di “
Evil”, per continuare con le suggestive ambientazioni crepuscolari di “
Tell me the truth” e “
Too late”, le
anthemiche cromature
metalliche di “
I don’t care” e il raffinato vigore di “
Run (for the madness)”.
Il felicissimo sconfinamento in territori tipicamente
adulti di “
I’ll make it right” e "
Hurt” (con un bel tocco “nordico” nell’impasto) consente di sottolineare quanto “
Shut up!” spazi nelle varie sfumature del
rock melodico con grande disinvoltura e qualità, le stesse che ritroviamo intatte anche nell’infettivo clima
bluesy concesso a “
When you broke my soul” e negli arrangiamenti maestosi e brumosi di “
Faithless ways” (vagamente
Osbourne-iana), da eleggere come il brano più ambizioso dell’intera scaletta.
Con un convinto apprezzamento per le vibrazioni battenti di “
Straight down the line” concludo gli appunti d’ascolto su un
album che in un colpo solo mette a tacere gli
esterofili (se ancora ci sono …), i
modaioli (che reputano certi suoni sorpassati e poco coinvolgenti …) e anche quelli che ritengono che in taluni settori musicali la personalità sia una chimera … grazie
Danger Zone, e ora sono proprio ansioso di vedere chi sarà in grado di replicare in maniera adeguata a tanta imperiosa pregevolezza.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?