1992- 2024: trentadue anni sono tanti già nella vita di una persona, figuriamoci in un mondo come quello musicale sempre in costante movimento.
In questo lasso di tempo i
Sodom tra alti e bassi, una moltitudine di live e cambi di formazione, sono sempre rimasti coerenti con se stessi, al contrario di molte altre formazioni.
Ed ecco che a distanza di tutti questi anni, abbiamo la possibilità di tornare a parlare di quel “
Tapping The Vein” che ebbe la sfortuna di uscire in un periodo non molto felice per il genere d’appartenenza, ma questo ovviamente non può e non deve in alcuna maniera inficiare sul giudizio dell’opera.
In una scenario nel quale il Brasile ha spodestato la Germania per quanto riguarda l’estremismo in ambito Thrash Metal, fa quasi strano riascoltare un disco come questo. Il bello di questo “
Tapping The Vein” (come di altri album particolarmente estremi come “
Main Frame Collapse” ad esempio) è che di colpo, la ristampa rischia di umiliare e mandare a casa un buon 98% dell’attuale War Metal, quel guazzabuglio confuso che non sa se essere Death, Black o Thrash Metal e quindi spesso mischia con poca fantasia i tre vizi estremi metallici per un qualcosa di davvero poco personale e ricordabile nella maggior parte dei casi.
Poi ti ritrovi un disco sì di culto, ma mai celebrato abbastanza e ti sorprendi di quanta violenza sonora ci fosse dentro a quel badile musicale lanciato in faccia all’ascoltatore.
La base Thrash Metal crucca è ben impiantata ed evidente:
Slayer,
Motorhead e
Venom eletti al rango di divinità, batteria anfetaminica, i testi urlati in un’inglese storpiato dall’accento tedesco e strutture delle canzoni decisamente più basiche rispetto al Thrash nordamericano et voilà, il piatto è servito. Ma nel 1992 i
Sodom pigiarono ancora di più il piede sull’acceleratore e l’estremismo: ecco che il disco del ’92 presentava smaccate influenze Hardcore/Crossover e Death Metal che altro non facevano che aumentare la violenza sonora della musica fatta da
Angelripper e soci.
Ora non sto a dire che siamo di fronte ad un capolavoro incompreso, ma ad un disco di un certo livello qualitativo, beh quello sì e oggi come oggi, visti anche tutti i mezzi messi a disposizione (leggasi “internet”), non è mai stato così facile riscoprire certi album che meritavano ben altra fortuna al momento della loro pubblicazione.
Oltre alla rimasterizzazione completa dell’album originale, in questa ristampa sono stati aggiunti un bel po’ di bonus, tra cui dei live dell’epoca a risultare un materiale interessante e stuzzicante per i die hard fans.
Se non avete l’album originale, direi quindi che questa è una ghiotta occasione per rimediare.
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