Gli
Everything Dies sono una one man band fondata quest'anno dal polistrumentista
Nargathrond, il quale poco tempo dopo la sua ufficializzazione rilascia in via indipendente, a inizio ottobre, il primo full-length del progetto:
"Survivalist".
In termini di contenuto, le canzoni descrivono il percorso di rottura di una relazione con le relative asperità e i processi psicologici che vi si associano. Tutto ciò si unisce alla ricerca delle modalità per affrontare tale situazione di abbandono improvviso, e inaspettato, di quel legame che per molto tempo ha rappresentato il fulcro della propria esistenza.
Siamo in ambito Depressive Black metal, dove la variante suicide, almeno a livello concettuale, è assente – per quanto in tema strettamente musicale, tale distinzione abbia poco senso.
È un'opera che si muove su binari piuttosto consolidati nel genere, facendo riferimento a quella corrente un po' meno ortodossa e dalle declinazioni più romantiche e sperimentali come, per esempio, i
Lifelover o i più atmosferici
Nocturnal Depression; con un frequente utilizzo delle clean vocals in una direzione talvolta estremamente calda, struggente e dal mood gotico, che a nostro avviso si lascia fin troppo trascinare dal sentimentalismo; probabile retaggio lasciato dalla musica degli
Him nella formazione artistica di
Nargathrond – non a caso è qui presente una cover dei finlandesi:
"The Funeral of Hearts".
L'album scorre agevolmente, durando solo 37 minuti, che visito il genere non sono poi molti, inoltre non "soffrendo" della staticità (che se sia un difetto o meno sarebbe da disquisire approfonditamente) che di frequente caratterizza tali opere, può risultare fruibile anche ai meno avvezzi. Ciò che più ci ha colpito, e che speriamo venga pian piano realizzato in maniera ancor più estesa, sono talune sfumature Black/Doom assumenti, talvolta, connotati violenti ed energicamente ritmati, che ben si alternano ai classici droni atmosferici
Personalmente l'abbiamo trovato un lavoro piacevole benché non entusiasmante. A nostro giudizio presenta alcune incertezze, tra cui una certa forma delle clean vocals, per esempio; risultando inoltre affetto da una certa scontatezza, derivante dal rimanere pedissequamente ancorato a determinati stilemi… Qualcuno li ha accostati agli
Psychonaut 4, tuttavia per noi siamo molto distanti, sia qualitativamente che a livello stilistico.
In ogni caso resta una discreta testimonianza di un artista che ha indubbiamente tutte le credenziali per crescere; oltreché un prodotto ben realizzato e meritevole di essere ascoltato.
Recensione a cura di
DiX88
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