Questo album è un fulgido esempio di buona musica, qui non c’è assolutamente traccia di heavy metal ma di buone vibrazioni si.
Perchè qui il quartetto meneghino pur essendo al debutto i suoi componenti sono scafati e propongono un funk/rock debitore della psichedelia sessantiana come di atmosfere interstellari.
Basta ascoltare la titletrack per accorgersi di quello che sto dicendo; ritmo, melodia e un grande uso del basso che diventa lo strumento principe per le contorsioni che prende lungo tutto il disco.
Altro pezzone è il seguente “
Smoke” che dal tiro sembra fatto apposta per un poliziesco all’italiana dei tempi belli, di quelli diretti da
Fernando Di Leo o
Stelvio Massi per l’appeal settantiano e quasi quasi ti sembra di veder spuntare i compianti
Gastone Moschin o
Maurizio Merli con il revolver spianato.
Il frontman
Michele Ricciardi ha una voce suadente e la condisce spesso e volentieri di echi e riverberi come in “
Dive into the mirror” dalle percussioni che richiamano un tono jazzato.
“
Rojava” invece è un up tempo dove melodie arpeggiate ed atmosfere spaziali convivono con accelerazioni dove le tastiere creano architetture sonore eccezionali.
Primo vagito, primo centro; ogni altra parola sarebbe inutile perché questi quattro hanno deciso di giocare la partita musicale in maniera insolita ma meriterebbero di essere l’esempio del talento in patria invece di glorificare certi artisti di cartapesta del mainstream nostrano, bravi.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?