I canadesi
Panzerfaust, Black metal band originaria di Toronto formatasi nel 2005, giungono in questo autunno 2024 a rilasciare l'atto terminale della loro tetralogia,
"The Suns of Perdition", iniziata nel 2019.
Quest'ultimo capitolo viene intitolato
"To Shadow Zion", ed esce nuovamente tramite l'ottima
Eisenwald.
Il gruppo, sul profilo tematico d'insieme, prosegue con le sue liriche provocatrici: affrontando temi di guerra, apocalisse, critiche sociali e religiose, ponendo l'accento su tutto ciò che è passibile di confluire in ideologie totalizzanti e distruttive dell'individuo, e dell'umanità in senso lato; collocandosi, dunque, su un fronte concretamente antisistemico.
Sul profilo musicale, i canadesi per respingere gli assalti belligeranti della follia umana – che sempre più ha smarrito il concetto di guerra "necessaria", a favore di un bellicismo maniacale guidato da principi materialistici – si armano di panzerfaust dal carico pesante, pescando a piene mani da varie propaggini della fiamma nera.
Una miscela di toni apocalittici, marcatamente altisonante ed impetuosa, fluente soprattutto da linee vocali maestose – ben lontane dalle grammatiche tipiche del Black – alternate a scream e sparute harsh vocals. Si gioca con tessiture caustiche e monumentali, ispirate al miglior Icelandic black metal (mi vengono a mente
Misþyrming e
Sinmara). Si sporca il sangue con la scuola francese dissonante e brutale dei
Deathspell Omega, intrecciandola poi con filigrane d'atmosfera di stampo Industrial mutuate dai
Blut Aus Nord. A cui seguono aperture Progressive dai tratti Heavy particolarmente colorite e intriganti, accostabili facilmente ai polacchi
Mgła.
Con
"The Suns of Perdition - Chapter IV: To Shadow Zion", i
Panzerfaust si ricongiungono all'anima primitiva del primo episodio della saga, amalgamandovi le policromie di
"Render unto Eden" e i paesaggi dilatati e avvolgenti di
"The Astral Drain". Tratteggiando così un'opera emozionante e in qualche modo, pur nella sua derivazione dai nomi sopra menzionati, originale e discretamente identitaria.
È difficile resistere alla violenza emotiva sprigionata da questi quattro blacksters atipici: alla perfezione esecutiva e all'estremo bilanciamento di tutte le innervazioni che attraversano la loro arte oscura. Non impressionarsi di fronte alla tonalità assunta dalle loro profezie nefaste, protese su scenari di sofferenza che, al contempo, si lasciano trafiggere da fendenti epici in grado di aprire squarci di riscatto.
Un disco immersivo, necessitante di più passaggi all'interno delle sue dimensioni spazio-tempo, magmatiche e distorte.
…Adatto per tutti gli amanti del nuovo corso del Black metal.
Recensione a cura di
DiX88
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