I
Lord Goblin sono una delle “sorprese”
metalliche più belle del 2024?
I presupposti per una risposta positiva c’erano tutti … il “crossover” tra
metal classico,
black,
epic e
dark-sound m’intrigava particolarmente, ma il timore che poi la questione rientrasse alla prova dei fatti nella categoria “specchietto per le allodole” o, magari, si risolvesse in una scombinata stravaganza sonora, era piuttosto pressante.
Preoccupazioni fugate dall’ascolto di un disco che sviscera le suddette opzioni espressive in maniera alquanto appassionante, accostandole e miscelandole con intelligenza e buongusto, ottenendo così un crogiolo sonoro enormemente seducente ed evocativo.
La
band italiana, nata nel 2007 ed emigrata nel Regno Unito nel 2014, riesce a fornire una dimostrazione nitida di come si possa essere “peculiari” anche senza esacerbare il concetto di sperimentazione, attraverso un orientamento artistico in cui le varie sfumature stilistiche, ben riconoscibili, s’intersecano con estrema disinvoltura e perizia.
Emblematico, in tal senso, l’atto d’apertura “
Northern skyline”: edificato sulle architetture della
NWOBHM più caliginosa e
medievale, il brano si sviluppa includendo impetuose accelerazioni ritmiche, chitarre gelide e ferali e l’afflato degli “inni guerrieri”, il tutto ammantato da un’atmosfera gotica ed esoterica di grande suggestione.
Una situazione analoga si ripresenta anche nella successiva “
The wanderer”, in cui però a prendere il sopravvento sono il suono liturgico dell’organo e il cantato solenne di
Lord Goblin (
alias Marco Piu … già in Memento Waltz e Red Warlock, poi Negacy …), eccellente cerimoniere di questo trionfo di suoni immaginifici.
Con “
The oracle” il clima dell’opera diventa anche più “cinematografico” ed epico, ma si tratta di una forma di
metallo eroico (“figlio” di Bathory e Manowar) intriso di un carattere che lo mette al riparo dal pericolo dei diffusi conformismi di genere.
Lo strumentale “
Freedom rider” alimenta ulteriormente l’impressione di avere a che fare con una formazione che tratta con creatività ed eclettismo il paradigma del
metal “estremo” ed enfatico, e se qualcuno avesse ancora dei dubbi in merito a tale valutazione ecco che, dopo un accessorio assolo di batteria denominato “
Thunderous smite”, tocca alle due parti di “
Light of a black sun” comprovare la sapienza dei
Lord Goblin nell’intrecciare maestose declamazioni, senso d’inquietudine e perniciose tessiture armoniche.
Sottolineando come,
ahimè, la “fuga dei cervelli” sia un fenomeno increscioso che (tuttora) coinvolge anche la comunità musicale, non mi rimane che completare la disamina con una convinta replica affermativa all’interrogativo iniziale … “
Lord Goblin” è un debutto discografico che stupisce molto positivamente e “suggerisce” altresì, vista la maturità dell’approccio alla materia, possibili futuri intriganti sviluppi.
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