Non è “semplicissimo” commentare un disco dei
Voodoo Circle.
La formazione teutonica non ha mai nascosto il suo amore appassionato per i Whitesnake e lo ha esternato senza imbarazzi in tutta la sua ormai corposa carriera.
E allora qui entra in causa una questione sempre piuttosto attuale nel mondo del
rock, in particolare in momenti storici di scarsa creatività come quello che stiamo vivendo: fermo restando l’evidente archetipo primario, c’è ancora differenza tra “contraffazione” e “devozione”?
Personalmente credo di sì, e mi sento di inserire il gruppo di
Alex Beyrodt tra quelli che sembrano più vicini al secondo concetto appena espresso, intridendo di classe e buongusto un palese debito di riconoscenza nei confronti di
David Coverdale & C.
Il risultato è un altro tentativo di “resurrezione” di suoni “classici” intitolato “
Hail to the king”, in cui, infatti, oltre al suddetto modello egemone troverete anche scorie di Rainbow ("
All for one" e "
Billy's song", tra l’altro sono state scritte da
Tony Carey ed erano già state incluse nella versione giapponese di “
Respect” dei Sinner) e Led Zeppelin (“
Black country” e “
Castles made of glass” sono abbastanza “
Kashmir-esche”), tanto per completare un elenco di numi tutelari tutt’altro che infrequenti.
Il fatto è che l’intera operazione è tanto “sfacciata” quanto piuttosto efficace, verosimilmente proprio grazie a quella sensibilità che manca a tanti “cloni” della scena.
In queste situazioni il contributo del
vocalist, in quanto primo elemento “catalizzatore” delle soluzioni espressive, è ovviamente piuttosto significativo, ed ecco che
David Readman riesce ancora una volta a svolgere l’impegnativo (e gratificante) compito di confrontarsi con dei veri “monumenti” della fonazione modulata (
Coverdale, innanzi tutto, ma anche
Dio e
Plant …) senza impacci concreti.
Per una volta non mi addentrerò nella sommaria descrizione dei singoli pezzi, non perché poco stimolato dai loro contenuti, ma perché vista la natura dell’opera e la sua complessiva solidità artistica, ulteriori dettagli sarebbero effettivamente davvero irrilevanti (più del solito, almeno …).
In conclusione, non mi rimane dunque che consigliare “
Hail to the king” a chi condivide le passioni dei
Voodoo Circle per certi
Pilastri della
Grande Storia del Rock, mentre a tutti quelli che ritengono “limitativo” questo tipo di approccio, pur senza poterli biasimare in maniera incondizionata, ricordo che anche nel diffusissimo “gioco delle citazioni” si può essere abili, avveduti e credibili.
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