Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2024
Durata:33 min.
Etichetta:Xtreem Music

Tracklist

  1. KILL TILL DEATH
  2. MEMORIES OF TERROR
  3. IRON GRINDER
  4. HEAR THE DEATH CALL
  5. BATTLEFIELD MESSIAH
  6. RELENTLESS
  7. TERROR TACTICS

Line up

  • Tony Gomez: vocals
  • JD De La Rosa: guitars
  • Fernando Salinas: guitars
  • Alex Dominguez: bass
  • Daniel Garcia: drums

Voto medio utenti

Non ci vogliono proprio pensare gli Anialator ad appendere gli strumenti al chiodo! O meglio, Alex Domingues, unico membro originale della band che ha militato in ogni sua incarnazione, fin dal lontano 1986! Sì, avete letto bene, il gruppo esiste da quasi quarant’anni, ed altrettanti anni son dovuti passare prima che il loro full length di esordio, questo “Death is coming”, vedesse la luce.

Già, perché di primo album sulla lunga distanza stiamo parlando, visto che la band, in tutti questi anni, ha pubblicato solo una lunga serie di demo, EP, compilation e singoli. Il motivo principale di tutto ciò va ricercato nei numerosi cambi di line up in cui il gruppo è incorso, e a questo punto viene da pensare che Alex non sia un tipo del tutto tranquillo col quale lavorare.

Quarant’anni… valeva davvero la pena attendere tutto questo tempo per il primo full? Era proprio così imprescindibile? Per Dominguez evidentemente si, visto quanto ha perseverato per arrivare a questo traguardo. Per noi forse un po’ meno, nel senso che “Death is coming”, come il precedente EP “Rise to supremacy”, del 2018, è un disco senza infamia e senza lode, che si fa ascoltare piacevolmente, ma che non contiene spunti particolarmente esaltanti, qualcosa che possa colpire, che ti possa restare stampato in mente. Si tratta di sette brani ben composti, ben suonati, abbastanza aggressivi, ma ai quali manca la famosa marcia in più e che, soprattutto, si assomigliano troppo gli uni agli altri per riuscire a destare clamore.

Come ho già sottolineato nella recensione dell’EP del 2018, non vale l’equazione per la quale se sei nato negli anni ’80 devi per forza essere una band di culto assolutamente da recuperare. Posso dirvi senza timore di essere smentito che se non fosse stato per la testa dura di Dominguez che ha voluto a tutti i costi tenere in vita la band, dovendo superare anche una bega legale con i vecchi membri per tenersi il moniker, nessuno ne avrebbe sentito la necessità.

Il 6 che diedi all’EP posso migliorarlo soltanto di mezzo voto, perché stiamo parlando di un album sì sufficiente, ma niente più.
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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