Il secondo
album dei
Landfall consolida la passione per l’
hard-rock e l’
AOR ostentato in “
The turning point”, ma al contempo aggiunge anche qualche piccola “novità” all’interno del canovaccio stilistico della
band brasiliana.
Nulla di particolarmente “sconvolgente”, in realtà, e tuttavia il segnale che
Gui Oliver & C. non si “accontentano” di riproporre pedissequamente la prassi artistica che ha consentito loro di ottenere benevoli riscontri da parte di pubblico e critica.
Confermati i Journey come fondamentale modello di riferimento, “
Wide open sky” tende ad enfatizzare la componente
progressiva della proposta dei
Maestri incontrastati del genere, combinandola con vivaci scorie metalliche.
Incorporiamo nel
sound pure qualche barlume di “modernità” (per semplificare, “roba” alla Seventh Crystal …) ed otteniamo una raccolta di canzoni in cui la melodia è il fulcro su cui si poggiano soluzioni musicali abbastanza variegate e composite.
Capita, così, che la preponderante ortodossia
adulta concessa a “
Tree of life”, “
No tomorrow”, "
Coming home” e alla
ballad "
A letter to you” si riverberi nei bagliori “attualizzati” dell’arrangiamento di “
When the curtain falls” e delle vibranti “
Intoxicated” e “
SOS”, per poi diluirsi ulteriormente nell’enfasi evocativa di “
Running in circles” e nelle fascinose digressioni soniche di “
Hourglass” e “
Higher than the moon”, che finiranno per piacere pure agli estimatori di Fates Warning, Enchant e Dream Theater.
La pomposa
title-track dell’opera sigilla gli apprezzabili contenuti di “
Wide open sky”, un albo in cui
prog,
metal e
AOR convivono in maniera piuttosto felice, in una coesistenza da migliorare nell’incisività delle melodie e nella compattezza complessiva della formulazione espressiva, ottimizzazioni certamente alla portata di un gruppo preparato e ambizioso come i
Landfall.
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