Gli svedesi
Novarupta rilasciano in questi giorni di febbraio 2025 l'atto terminale della loro tetralogia, nata come una forma di esplorazione dell'essenza della vita attraverso la lente delle forze elementari, e questo dovrebbe essere, appunto, il quarto elemento (gli altri rappresentavano in ordine: il fuoco, l'acqua e l'aria): ovvero la terra,
"Astral Sands", pubblicato con il patrocinio della
Suicide Records.
Il progetto, il cui unico membro stabile risulta essere
Alex Stjernfeldt, sembrerebbe accreditato come Blackened sludge, facendo riferimento – se diamo uno scorcio ai lavori passati – a mio avviso a quelle formazioni oscillanti tra il Post metal e il Doom/Sludge dai tratti avanguardistici come
Cult of Luna,
Amenra,
Isis (da
"Oceanic" in poi). Influenze senz'altro ancora presenti nella matrice stilistica della band che, tuttavia, ora finiscono in secondo piano, risultando qui preminente una vena che forse poco ha a che spartire con il Metal; questo anche per via di una "dolcezza" generale del suono.
Lo svedese pare ripescare prevalentemente dalla musica degli anni '70/'80, nello specifico dal Post rock/punk dai tratti gotici e dall'ondata New wave, con una discreta matrice Alternative dai tratti Heavy/Grunge, dove si inseriscono texture oscillanti tra l'elettronica del Synth pop, con leggeri echi dei
Depeche Mode, fino all'Industrial dai tratti psichedelici e alternativi richiamante alcune malie dei
NIN.
Di frequente mi sono trovato a pensare, pur consapevole di essere in una "situazione" dal mood più oscuro e più pesante, sicuramente limitrofa al Metal – chiari i riferimenti agli
Alice in Chains – alla malinconia cupa dei
The Cure, ai primi
The Cult per alcune soluzioni più easylistening e rockeggianti – faccio riferimento a quelli di
"Dreamtime" (1984), e
"Love" (1985), bensì anche di
"The Cult" (1994) – e ai miei amati
Joy Division, invece, per taluni momenti tra il nero e l'etereo.
Sono sincero, inizialmente sono rimasto spiazzato in quanto, non conoscendo il gruppo, mi attendevo un disco Black metal; ma una volta cambiato il mio mindset sono riuscito a godermi ugualmente
"Astral Sands".
Mi sono lasciato trascinare dalle spire dolci, avvolgenti e introspettive, intessute da un basso sempre in rilievo, nei meandri dei misteri dell'esistenza che, nel caso dei
Novarupta, sono sempre permeati da un sentimento di malinconia portante con sé il piacere che è proprio del desidero, quello che orienta il pensiero verso ciò che è assente: di solito un'unione non ripristinabile; e dall'altro lato, in opposizione, il bruciore del fuoco: il dolore per la perdita/mancanza.
Certo, si deve essere molto eclettici per un album come questo… Voi dategli una possibilità. Poiché, qui dentro tutto è bilanciato con grande armonia e coordinato tramite un insieme di arrangiamenti eseguiti sotto il segno della sublimazione estetica. Arte in seguito avvolta da un involucro sonoro di alta qualità, benché non artefatto.
Inoltre,
"Astral Sands" riesce a centellinare oculatamente quei grani di mistero che soli possono rendere ammaliante un'opera d'arte. O forse è proprio da essi che si instaura la possibilità della sua esistenza.
Recensione a cura di
DiX88
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