Ristampe,
riscoperte,
ripescaggi vari … un fenomeno diventato nei tempi recenti talmente diffuso da rendere davvero difficile raccapezzarsi in tanta opulenza, peraltro non sempre giustificata.
Beh, l’unico
full-length dei
Lynx appartiene sicuramente alla categoria dei “recuperi” pienamente legittimi, almeno se considerate Rainbow, Uriah Heep, Saracen, Tytan e Whitespirit autorevoli fonti ispirative, peraltro ancora piuttosto “presenti” nelle produzioni artistiche di tanti dei sostenitori odierni del cosiddetto
vintage-rock.
Si tratta, dunque, tenendo conto che l’uscita primigenia di “
Caught in the trap” risale addirittura al 1985, di forme di suggestione espressiva assolutamente atemporali, che i nostri “oscuri” svedesi hanno saputo trattare con innata attitudine e un buongusto compositivo ed interpretativo davvero spiccati.
Sviscerando i contenuti dell’albo, non si può, infatti, che rimanere “sorpresi” della mancata affermazione dei
Lynx: il fascino che prorompe dai solchi dell’opera è intenso e immediato, alimentato da un’efficace alchimia tra l’energia della
NWOBHM più evocativa e la classe dell’
hard-rock tastieristico scaturito dai
seventies.
Non mancano nemmeno piccole avvisaglie delle cadenze cromate tipiche dell’
US metal (movimento che si stava sviluppando proprio in quegli anni …), a comporre un quadro sonoro che attrae lo “sguardo” uditivo fin dall’atto d’apertura “
My own way”, dove il manto di tastiere sostenta una melodia “circolare” e fosca, governata dall’ugola stentorea e calda di
Mats Eriksson (non lontana da quella di
Kal Swan) e dalla chitarra
Blackmore-iana di
Per Larsson.
Si prosegue mantenendo in sostanza lo stesso clima con “
Win or lose”, mentre “
Fingers crossed” si spinge fino a creare una sorta di fusione tra
Dio e Led Zeppelin e “
Man without a face” stabilisce un’alleanza tra Rainbow e Deep Purple, impegnati a intrecciare reciprocamente le proprie leggendarie qualità.
Gli sconfinamenti nel
rock melodico di “
Don't fool me” ricordano all’astante che siamo nelle terre che hanno dato i natali agli Europe, e se “
Final race” e “
Nothing in return” conducono il programma sui sentieri dell’incalzante
hard n’ heavy britannico, “
Master of evil” e la palpitante “
Nightwalker” decidono di tornare a valorizzare gli aspetti più magniloquenti ed enfatici di quei percorsi artistici, coinvolgenti ed emozionanti oggi come una quarantina d’anni fa.
Sottolineando la scelta della
Cold Knife Records di ristampare “
Caught in the trap” in tre diverse edizioni in vinile (“
Night Black Vinyl”, “
Blazing Orange Vinyl” e l’esclusiva “
Frozen Sky Splatter Vinyl”, limitata a cento copie numerate a mano), non mi rimane che raccomandare agli “esploratori” (e intenditori) del settore di adoperarsi per riconoscere una tardiva considerazione ai
Lynx, aggiungendoli all’elenco dei gruppi di notevole valore iniquamente sottovalutati
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