Giovanissima formazione di Oulu, Finlandia settentrionale, che giunge all'esordio dopo una breve gavetta e con solo una manciata di singoli alle spalle, tutti brani che sono stati poi ripresi su "
Meadows of Misfortune", realizzato per la
Inverse Records.
Un full length che si compone di dieci canzoni per un totale di quarantadue minuti di durata, lungo i quali scopriamo i
Pestilent Scars fare evidenti sforzi per evitare di proporre l'ennesima replica di quanto già proposto dalle tante formazioni che sono venute prima di loro.
Il via è dato dall'interlocutoria "
Into the Meadows", breve intro strumentale che potrebbe far pensare a del Classic Metal di deriva maideniana, così è solo con la seguente "
Internal Torment" che si spalancano le porte ad un ben più aggressivo Death Metal dall'imprinting scandinavo, che i
Pestilent Scars cercano di variare con rallentamenti e passaggi ad effetto. Tuttavia, alcune scelte fanno storcere il naso, come quegli "
ohohoh" dozzinali ficcati a forza in una "
Golden Maiden" che molto deve ai connazionali Sentenced, anche se a livello solista siamo ben distanti dalla qualità del compianto Miika Tenkula. Non si tratta nemmeno dell'unico episodio che ricalca il primo periodo degli autori di "Shadows of the Past" e "Amok", e in effetti una certa assonanza tra
Pasi Matinolli e Taneli Jarva ci starebbe pure, ovviamente con le debite (e indebite) proporzioni, per un trend cui si accodano anche le varie "
Deceitful Phoenix", "
Democide" e la conclusiva "
False Messiah".
Qualche altra canzone è invece meno codificabile, come l'aggressiva "
Unreality" o l'arruffata "
A Reaching Hand", dove cercano nuovamente di smorzare gli eccessi con quei break melodici un po' casuali ma soprattutto mal interpretati dal pur volenteroso
Matinolli. Con "
All on My Own" finalmente i
Pestilent Scars, invece di partire con il "
solito" riff di chitarra, optano per un'introduzione caustica e domeggiante, mentre con "
In Search of Reason", incalzati dalla batteria di
Artturi Kauppi, si lanciano subito all'assalto con i favori di un convincente Death Metal diretto e ringhioso, senza eccessive e dannose divagazioni sul tema.
La passione e la volontà messe in campo da questi cinque ragazzi sono innegabili, e con una limatina qua (nei fraseggi solisti e in un songwriting ancora incerto e ripetitivo) e là (
Matinolli qualche volta deraglia, specialmente quando rinuncia alle parti meno estreme) potrebbero anche arrivare a stupirci.
Ma non è questo il giorno!
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