Il progetto
AskheM nacque attorno alla prima metà del 1995 con il nome iniziale di
Icewind, per poi cambiare nel moniker attuale attorno al '98, per mano di
Luca "Necromancer" Grimaldi con l'intento di realizzare una forma di Black metal primordiale.
Tra il '96 ed il 2005, mentre militava in formazioni Black metal come
Burian ed
Icehenge, nel ruolo di batterista e tastierista,
"Necromancer" cambiò il nick in
"VargHar NecroN" e, man mano che la passione nei confronti del mondo scandinavo antico e mitologico si amplificava, giunse a laurearsi in Storia della Musica Norvegese.
Il primo full-length,
"Bjarki", iniziava ad essere composto tra il '98 ed il '99, un Dungeon synth – di cui trattiamo nel dettaglio, sempre in questi giorni, sulle nostre pagine – il quale vide la luce nel 2002.
Nel frattempo, VargHar NecroN lavorava a vari brani più improntati sul Black metal canonico, e per svilupparli al meglio decise di farsi coadiuvare nell'operato oscuro dalle mani di
Leonardo "Sir Martinel" Giusti e
Stefano "Lord Sargatanas", rispettivamente chitarra solista e ritmica nei pezzi da lui realizzati.
Ed è così che, nel 2006, usciva il secondo full-length della creatura – ormai, ad oggi una one man band – di
VargHar NecroN, di cui viene data in questi giorni la ristampa, e che adesso esamineremo insieme:
"Dark Dimensional Fortress beyond the Black Mirror".
Si tratta di un'opera che racchiude al suo interno l'essenza del primo Black metal atmosferico e sinfonico, dai tratti Depressive, del periodo d'oro della fiamma nera, collocabile tranquillamente nel filone del Raw black; sottogenere che, se possibile, accentua ancora di più la scarsa qualità sonora e il minimalismo, sia compositivo, che proprio in termini di tecnica del suono. Un effetto voluto che forse a molti farà storcere il naso, e che, al contrario, io continuo ad apprezzare moltissimo.
"Dark Dimensional Fortress beyond the Black Mirror" affonda le sue radici nell'antica mitologia norrena e si profila come una sorta di viaggio interiore, dove l'Io nel tentativo di far prevalere la Luce del bene, sull'oscurità del male, comprende che ciò non è possibile, e che, soltanto dopo un sanguinoso Ragnarok, a cui deve seguire un accordo con i propri demoni, e le proprie paure – mediante un atto di fusione con un'esistenza eterna, situata come substrato di forza primigenia, al di sotto le classiche divinità scandinave, vista sotto un profilo monistico –, potrà portare alla salvezza, qui identificata sotto forma di un dolce e sereno abbandono all'oblio.
Musicalmente parlando la fonte di ispirazione maggiore è sicuramente il
Conte dei primi album, e, nei passaggi tra il Dark ambient e il Dungeon synth, si può rinvenire, oltre a lui, lo spettro di
Mortiis e qualche effluvio Folk che, personalmente, mi ha richiamato ai primi
Graveland (alla fin fine loro ne sono degli eredi legittimi).
L'opera è pervasa da un senso di misticismo occulto, da squarci sussurrati ai limiti dell'orrido, perfettamente concordanti con i tipici scatti di odio furioso e arrembante.
Ascoltare
"Dark Dimensional Fortress beyond the Black Mirror" è un vero e proprio itinerario mistico, tra paesaggi neri e al contempo colorite rifiniture sinfoniche che finiscono per proiettarsi anche in dimensioni cosmiche – ripercuotendosi ciò, con forza, perfino nel riffing.
"Dark Dimensional Fortress beyond the Black Mirror" è uno di quei lavori che, per chi come me è amante della vecchia
Fiamma Nera, quella
Vera, con tutta la sua gelida e ammaliante oscurità, non potrà che accarezzare e scaldare il cuore indurito.
Da parte mia supporto incondizionato.
Recensione a cura di
DiX88