I
Throne sono una band statunitense dedita al culto devoto del metal estremo formatisi nel 2014 a Jackson, Michigan. Al momento hanno all'attivo la pubblicazione dell’EP
"Altar of the Dying" (2018) e dell’album
"Pestilent Dawn" (2021). Il loro prossimo lavoro, che adesso andremo a recensire, si intitola
"That Who Sat Upon Him, Was Death" ed è atteso per questi giorni di fine marzo 2025 grazie al patrocinio della
Redefining Darkness Records.
Come il suo predecessore, il nuovo
"That Who Sat Upon Him, Was Death" si muove su coordinate Death metal estremamente brutali e imbastardite con le propaggini più intransigenti della fiamma nera; sicuramente, soprattutto in questo capitolo della carriera degli statunitensi, sono i
Belphegor la stella madre della loro proposta, su cui poi si vanno ad innestare alcuni passaggi massicci, oscuri, dissonanti e tendenti al Brutal, sulla scia degli
Hate Eternal con qualche eco più classico stile
Vital Remains.
Si tratta di un LP che vola via in un soffio, come dovrebbe essere quando si ha a che fare con del vero
Metal Estremo.
In appena 30 minuti i
Throne ci scagliano addosso una furia sonora impressionante, sotto il segno della maestria di chi sa innescare le dinamiche giuste: in grado di dar luogo al classico effetto di "caos ordinato".
Otto brani di blasfemia iconoclasta; un odio ferino che scorre velocissimo tra note schizofreniche, patterns martellanti, con un abuso a tutto campo del blast beat – talvolta, volutamente, persino le chitarre si ammutoliscono per lasciargli spazio –, growl, scream e rantoli suini che tuttavia, infine, vengono quasi sempre raccolti da un gusto melodico in grado di rendere le composizioni, pur nella loro estrema ferocia, più eleganti e accessibili – melodie che, talvolta, assumono anche connotati gelidi di matrice scandinava, ed è questo il caso di tracce come
"Human Frailty", o
"Upon Deathless Winds".
Abbiamo a che fare con un'opera malvagia, realmente ispirata e adrenalinica, la quale, anziché tentare di apparire, per forza di cose, qualcosa di diverso dagli standard della musica del diavolo, tenta di incarnarli alla perfezione: in tutto il loro nichilismo; donandogli, solo in ultima istanza, un piccolo tocco personale.
A mio avviso, i
Throne farebbero bene ad abbandonare anche quelle piccole velleità moderne – imprimendo perfino un tocco ancora più abrasivo alla produzione – che rendono taluni frangenti troppo "orecchiabili", e spingersi leggermente oltre: violenza ed un pizzico di "ermetismo" nella nostra materia pagano sempre.
Recensione a cura di
DiX88
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