Dopo tredici anni di silenzio discografico, i
Chaos Inception tornano con un lavoro che sa di risveglio primordiale: "
Vengeance Evangel" è un concentrato di death metal incontaminato, che spazza via anni di derive troppo cerebrali in favore di un impatto sonoro crudo, diretto, e profondamente fedele alle radici del genere, confermando che il 2025 è decisamente l'anno del ritorno ad un death metal di qualità e pregno di storia, dopo le meraviglie partotite da Impurity, Mass Strangulation, Kaivs, Dark Reflection e molti altri.
Qui ci spostiamo decisamente in territorio statunitense, sia a livello geografico (il duo proviene dall'Alabama) sia a livello musicale, e le influenze non si nascondono: i
Morbid Angel di "
Blessed Are the Sick" echeggiano tra le pieghe di riff cavernosi e strutture ritmiche telluriche in un vortice di saliscendi di velocità, da blastbeat velocissimi (il guest drumming di
Kévin Paradis dei
Paths to Deliverance non nasconde le proprie radici black metal) a riff ipnotici, quasi sludge, come nella strumentale "
La niebla en el cementerio etrusco" ma non si tratta di un semplice esercizio di nostalgia. I Chaos Inception forgiano un suono che, pur radicato nel glorioso passato, suona ancora feroce, attuale e ispirato.
La produzione ad opera di
Andrea Petucco ai MSTR Sound Studio, volutamente ruvida ma efficace, valorizza la carica brutale delle composizioni senza sacrificare intelligibilità e dinamica. L’intero album si snoda in una quarantina di minuti di fuoco e zolfo, senza fronzoli né compromessi. Ogni brano è un colpo secco, una messa blasfema officiata con rigore old-school ma anima ancora pulsante. È la dimostrazione che il death metal, quando è fatto con sincerità e visione, non ha bisogno di travestimenti moderni per suonare vitale.
Peccato solo per la distribuzione limitata tramite la
Lavadome Productions, label della Repubblica Ceca coraggiosa ma dall’eco contenuta: "
Vengeance Evangel" rischia di passare inosservato al grande pubblico, ma chi ama il death metal vecchia scuola non potrà che considerarlo una riscoperta imperdibile. Un ritorno inaspettato, ma tremendamente necessario.
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