La scelta della
Frontiers Music di pubblicare in contemporanea i nuovi lavori di W.E.T. e
Ginevra, due dei
supergruppi più importanti del suo invidiabile (e invidiato …)
roster, può apparire quantomeno “curiosa”.
Evidentemente, in un’epoca in cui il consenso del pubblico viene misurato a colpi di
streaming e visualizzazioni, l’accavallamento di prodotti musicali con analoghi
target “commerciali” non è più considerato un rischio concreto.
Accantonando queste riflessioni da (fiero) aderente alla
X Generation, si può almeno rilevare come la strategia dell’etichetta discografica italiana sia sempre più orientata a “sbaragliare” la concorrenza, non temendo per nulla la sovraesposizione.
Dopo Perfect Plan, Streetlight e gli stessi W.E.T. la
label campana piazza, infatti, sul “mercato” un altro “pezzo da novanta”, coagulato attorno alle blasonate credenziali professionali di
Kristian Fyhr (Seventh Crystal),
Magnus Karlsson (The Ferrymen, Free Fall, Primal Fear, …),
Jimmy Johansson (H.E.A.T.) e
Magnus Ulfstedt (ex-Eclipse, Nordic Union).
Se avevate apprezzato il debutto della (
super)
band svedese “
We belong to the stars” non potrete che gradire ampiamente pure questo “
Beyond tomorrow”, in cui anche gli estimatori di Stratovarius, 220 Volt, Treat e Pretty Maids troveranno “ineluttabili” motivi d’interesse e soddisfazione.
Quelli che avevano paventato l’ipotesi di un progetto estemporaneo (tra i quali, lo ammetto, c’era il sottoscritto …) si dovranno ricredere, ritrovando nei
Ginevra una consolidata convinzione espressiva, dominata dalla chitarra muscolosa di
Karlsson e dalla voce stentorea di un
Kristian Fyhr in grande spolvero.
Protagonista anche sotto il profilo compositivo, il chitarrista scandinavo conferma la sua ben nota attitudine al
metal melodico fin dall’apertura affidata ad una “
Moonlight” che mescola Masterplan e Royal Hunt con considerevoli dosi di buongusto.
In “
Lightning roses” e nell'enfatica “
True north” il clima sonoro dell’opera diventa più melodrammatico e qui è soprattutto l’ugola del cantante dei Seventh Crystal ad emergere in tutta la sua maestria tecnico / interpretativa.
Con “
Let freedom ring” e "
Echoes of the lonely” arriva anche il ricorso a sintassi sonore di derivazione “adulta”, ben gestite da una coalizione che tuttavia sembra maggiormente focalizzata quando si tratta di combinare melodie ombrose e ritornelli
anthemici, come accade in “
Beat the devil”, o incrementare con misura e felice ispirazione la quota squisitamente
powerosa delle architetture musicali, alla maniera di “
Samurai”, "
Higher” e “
Enemy of your destiny” (altra prova
monstre di
Fyhr).
Alla categoria “riempitivi di livello” appartengono, infine, la sfarzosa “
Arms of oblivion” e la turbinosa “
Wild ones”, a conclusione di un albo che conferma i
Ginevra nel novero delle formazioni che sfruttano il loro nobile
background in maniera collettiva, proficua ed efficace, proprio come farebbe una
band “vera” e non un’alleanza tra scaltri professionisti della musica.