"When we need to survive, it is simple. Steel is the answer. Steel must always be the answer."

Devo dire la verità, cominciare ad ascoltare un disco e sentire queste parole all'inizio mi ha fatto venire un po' i brividi, sia in negativo che positivo, mi spiego meglio. Il risultato era trovarsi o davanti ad una delle solite tamarrate senza eguali, un po' sulla scia dei Manowar e di tutte quelle band che ne hanno ereditato il loro animo più pacchiano post 96', o avere la rivelazionne dell'anno e avere ai propri occhi (e orecchie) un gruppo che sapeva di cosa stava parlando, e che riuscisse a tramutare tutta la passione che si può avere verso il metal in senso ampio in musica, ottima musica. Era questo il dubbio che mi attanagliava sul debut album degli statunitensi Serpent Rider, gruppo heavy/epic metal americano già attivo dal 2015 sotto il nome di Skyway Corsair, per poi cambiare in quello attuale nel 2017. Ce n'è sicuramente voluto di tempo prima di sentire qualcosa di inedito, dato che il tempo intercorso li ha visti primi firmare con la sempre ottima No Remorse Records, poi realizzare uno split con gli Ezra Books, e poi vari cambi di lineup che li ha portati prima a suonare nel mondo con nomi del calibro di Anvil e Metal Church, pe poi arrivare alla registrazione di 'The Ichor of Chimaera'.

Il risultato finale è senz'altro di ottimo livello dato che, in primis, i Serpent Rider riescono ad ammalgare perfettamente le loro principali influenze e farne un sound personale, mischiando Manilla Road, Wishbone Ash, Candlemass, Saint Vitus e Black Sabbath molto bene. Ne sono la prova 'Matri Deorum', un pezzo costruito perfettamente sulla voce delicata e quasi operistica di R. Villair, che dona un certo vigore ed epicità, o 'Radiant' veloce nel suo incedere ma che ha dalla sua delle bellissime melodie che sanno di decadente, riuscite grazie alla coppia Brandon Corsair/Paul Gelbach dietro le chitarre. Se però avete visto il voto in calce, vi chiederete perchè abbia deciso di non dare di più all'album, essenzialmente per un motivo, ovvero la produzione. Ora, è vero che questo è un disco basato moltissimo sulle atmosfere sia delle chitarre che (a mio parere in maniera leggermente più importante) della voce, ma risulta tutto a volte eccessivamente leggero, privo di quella spinta necessaria che sulle varie 'Steel Is The Answer' o 'Tyrant's March' avrebbe giovato e non poco. Non che alla fine quello che si ha nella sua interezza sia un brutto prodotto, lungi da me affermarlo, ma la sensazione è che si poteva avere molto dipiù con un piccolo sforzo, come se un esordiente, in prima posizione, si fosse fermato volontariamente a pochi metri dal traguardo di una importante gara.

Sicuramente 'The Ichor of Chimaera' è perfetto per chi ama le sonorità dei gruppi sopracitati, che non ha paura a tuffarsi ripetutamente per cogliere le varie sfumature di un album. Ma forse il limite è quello di non averci provato abbastanza, e di non aver avuto tutto quel coraggio necessario per spingersi più in là. Sarebbe quindi un peccato se i Serpent Rider si fermassero adesso, perchè sono convinto che abbiano le carte giuste per diventare un nome di spicco nella scena, ma dipenderà tutto da come giocheranno la prossima mano...vedremo.