“
Sono tutte signore dell’alta aristocrazia borghese, c’è pure qualche grande nome” illustrò il
Geometra Calboni ai
Ragionieri Fantozzi e
Filini mentre rimiravano le gentili pulzelle dell'
Ippopotamo.
Vada per i
night club, ma chi bazzica nei meandri della musica estrema non può certo limitare le proprie frequentazioni ai piani alti della nobiltà; anzi, è cosa buona e giusta che esplori i meandri più remoti del sottobosco metallico. Solo così potrà imbattersi nelle innumerevoli gemme disseminate lungo il buio sentiero dell’
underground.
Prendete, ad esempio, gli
Ondfødt: dopo dodici anni di onorata carriera e quattro
full length all’attivo, la compagine finlandese non è necessariamente assurta, in termini di popolarità, ai vertici della scena -eufemismo-.
Eppure i Nostri, ben lungi dal tirare i remi in barca, dimostrano una volta ancora abilità, preparazione e conoscenza della materia trattata in occasione del nuovo “
Dimsvall”.
Un’opera, questa, che conferma e rafforza tutte le buone impressioni giustamente maturate dal
Venerabile Maestro Dope in occasione del precedente “
Det österbottniska mörkret” (2023): un’opera in cui, di nuovo, imperversano sonorità
black dal taglio solenne, talvolta malinconico, in cui l’afflato melodico non va mai a scapito dell’impatto, in cui la violenza non è mai cieca e fine a se stessa, ma sempre asservita alle esigenze compositive.
La ricetta, come ben capirete, non è necessariamente graziata da eccessiva originalità, ma viene concepita e realizzata con maestria e gusto, tanto da produrre succulenti bocconcini quali l’implacabile “
Grymhejtins Ansikt”, l’articolata “
Stormin”, che conclude il
platter nel migliore dei modi, e la mia prediletta “
Futuria”.
Ottimi i suoni ottenuti dal cantante, chitarrista,
lyricist e
leader Owe Inborr (anche se personalmente avrei accordato alla coppia di asce maggior risalto nel
mix); ineccepibile la prestazione strumentale; davvero suggestivo da ultimo, pur nella sua
naïveté, l’
artwork di copertina a firma
René Thuys.
Insomma, “
Dimsvall” non sarà un capolavoro, e ben difficilmente catapulterà gli
Ondfødt ai vertici di classifica della Lega del
Black Metal; nel contempo, sarebbe un errore sottovalutarne le fulgide qualità.
Il mio umile consiglio, in effetti, è quello di concedergli perlomeno una chance.
Credo proprio che, per festeggiare la buona resa di quest’album, ordinerò tre
scotches.
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