I norvegesi
Helheim, da sempre alfieri del Black metal dalle tinte Folk/Viking, giungono in questi giorni di metà giugno 2025 a tagliare il traguardo del dodicesimo full-length:
"HrabnaR / Ad vesa" (
Dark Essence Records).
Fa un certo effetto pensare che una band storica di questo calibro sia ai più pressoché sconosciuta… Per chi non conoscesse gli
Helheim, basti sapere che con i loro primi tre lavori, insieme a formazioni come
Kampfar,
Windir,
Hades Almighty e
Isengard, sono tra i primi nomi ad aver raccolto in maniera convincente l’eredità dei
Bathory dell’era
"Blood Fire Death", "Hammerheart", "Twilight of the Gods" ('88 – '90 – '91).
I puristi forse citerebbero anche gli
Einherjer, ma a mio avviso siamo già molto lontani dalla fiamma nera. Ovviamente vi sono anche altri gruppi degni di menzione, bensì voglio limitarmi a questi, che reputo tra i migliori, oltreché tra i primi in ordine cronologico.
Una formazione le cui prime tre releases, a mio giudizio, sono imprescindibili per chiunque voglia approcciarsi a questa peculiare sfumatura di nero.
Quel che, secondo me, ha influito negativamente su questa splendida realtà norvegese è stata la volontà di esasperare la propria inclinazione alla sperimentazione. Una vena innovativa dai tratti Progressive, dove anche l’elettronica ha trovato un ruolo rilevante, introdotta quasi sin dagli esordi con quello che, per chi vi scrive, rappresenta il loro capolavoro:
"Blod & ild" (2000).
Purtroppo, tali vibrazioni eclettiche non si sono più ripetute allo stesso livello, e forse nemmeno vi si sono avvicinate, fatta eccezione per l’ottimo
"Yersinia Pestis" (2003).
Non che i norvegesi abbiano pubblicato lavori mediocri – anzi, ci sono diversi LP ricchi di intuizioni davvero meritevoli – ma non sono più riusciti né a replicare i picchi qualitativi dei primi platter, né, perlomeno in alcune opere (altre invece sono molto riuscite), a rendere del tutto coesa la loro eterogeneità stilistica.
Entrando ora nel merito di questo nuovo
"HrabnaR / Ad vesa", senza ulteriori preamboli, penso che, pur non trattandosi di un capolavoro, gli
Helheim siano stati in grado stavolta di confezionare un ottimo disco di Black metal dalle sfumature Folk/Viking, dove l’impronta Progressive viene mantenuta sotto controllo e le sperimentazioni – pur presenti – risultano più contenute e ben amalgamate nella struttura di base delle composizioni.
Si tratta di un album che, rispetto al precedente
"WoduridaR(2021), non indulge troppo in soluzioni caratterizzate da clean vocals o in melodie che smorzano l’impatto, ma resta su coordinate spesso violente, dove epicità, sfuriate intrise di monocromatismo gelido, guizzi più complessi di matrice Death, textures elettroniche misteriose – che richiamano
"Blod & ild" – e suadenti armonie in cui ben avvertibili sono talvolta gli inserti acustici, si intersecano in un rapporto dialettico coinvolgente e quasi perfettamente riuscito.
Scrivo quasi perché si potrebbe tentare di sintetizzare ulteriormente alcune idee, eliminando passaggi ridondanti, guadagnandone così in potenza espressiva.
In ogni caso, davvero un ottimo ritorno per gli
Helheim:
consigliatissimo.
Recensione a cura di
DiX88
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