L’esordio discografico degli svedesi
For The Pyres, provenienti da Borås, è un devastante assalto sonoro, figlio di bands gloriose e immortali, appartenenti alla leggendaria tradizione death scandinava, che tuttora, vanta (a ragion veduta) frotte di nostalgici, anche tra i metallari di ultima generazione (forse c’è ancora speranza per il futuro...).
At The Pyres Of Sin, uscito per
Gruesome Records è un lavoro contraddistinto da due anime speculari ma, tra loro, complementari: da una parte, un’irrefrenabile (e seducente) brutalità ma, dall’altro lato, nonostante un'innata irruenza, le composizioni riescono sorprendentemente a conservare la loro vena melodica risultando, per assurdo, intime e, più che mai, efficaci.
La maggior parte delle tracce, ha una durata piuttosto contenuta (3 minuti di media), all’interno della quale, viene concentrata l’enorme furia distruttiva che anima la band e che esplode, in maniera incontrollata, durante brani, a dir poco, incendiari, quali il trittico
Let Their Blood Color Our Swords-Downfall-Overture Of Demise, oppure nella fulminea
Enslave and Dominate.
Eppure, in un paio di circostanze, come in
Void, o nella conclusiva title-track, i
For The Pyres si avventurano in composizioni più complesse, dalla struttura articolata, dimostrando di sapersela cavare egregiamente anche in questi casi, mettendo quindi in mostra delle doti di scrittura, oltre che esecutive, di tutto rispetto.
Se il comparto ritmico, affidato al drummer
Martin Lavtala, pesta senza pietà e il growl cavernoso di
Oannes Hagby gli fa eco, aumentando la cattiveria del disco, le chitarre di
Toni Siira e
Jesper Karvola, pur risultando corpose e aggressive, riescono comunque abilmente a mantenere sempre quel filo di musicalità necessario, per impedire al sound, di risultare eccessivamente monolitico, offrendo cosi, spunti interessanti e soluzioni compositive alternative, che rendono
At The Pyres Of Sin un disco incisivo e convincente.
Insomma, un debutto che lascia ben sperare, per una band totalmente esordiente che, non potendo giocoforza contare sull’esperienza, decide saggiamente di puntare sul proprio DNA, fatto di chitarre ribassate, suoni velenosi, ferocia e growl profondo mai fini a se stessi, ma inseriti all’interno di un contesto, che riesce sempre a mantenere la propria identità musicale.