I
Vong sono un progetto vietnamita che si regge sulle sole spalle del polistrumentista
Indigo Tongue, formato nel 2018. Al momento con tale moniker sono stati rilasciati due full-length:
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"A Wander in Liminality (Definitive Edition)" nel 2022;
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"Phạn Hàm" nel 2025.
Ed è di
"Phạn Hàm" uscito in questi giorni di luglio, tramite la piccola etichetta
House of Ygra, che oggi vorrei parlarvi, come sempre nell'intento di scovare realtà underground interessanti che, fortunatamente, ancora portano avanti il nero verbo della vera Fiamma.
E questo è proprio il caso di
Indigo Tongue; il quale qui ci propone — in perfetta aderenza con il debut, sebbene con maggiore maestria — 44 minuti di black metal crudo, quanto mai retrò, pur se caratterizzato, sì da una produzione raw, ma anche sufficientemente strutturata da poter essere apprezzato nelle sue varie sfumature.
La matrice stilistica è quella ascrivibile a formazioni quali
Darkthrone,
Judas Iscariot e
Mütiilation, dove tremolo e blast beat giocano un ruolo cruciale nel songwriting, ma sempre affiancati da un senso del groove che, pur nella sua elementarità, soprattutto nei rallentamenti, riesce a coinvolgere l'ascoltatore in situazioni relativamente easy listening.
Nel bel mezzo del fuoco incandescente del nichilismo sprigionato da
Vong, numerose sono anche le dissonanze (non in chiave moderna), le cacofonie, e gli effetti larsen distorti ai limiti del noise che danno luogo a textures dall'effetto drone, il tutto stemperato da qualche interludio dungeon synth di matrice
burzumiana, in cui si introduce un filo flebile di epicità: collante perfetto con il sottofondo storico culturale legato alla tradizione del Vietnam, su cui sembrerebbero essere improntate le sette liriche.
Niente di nuovo sotto il sole… ma realmente un prodotto eccellente: o perlomeno lo sarà, per tutti gli amanti della Fiamma nera più autentica e genuina.
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