Con l’aggettivo commerciale nella musica o nelle arti in generale si definisce con scherno o amarezza un’artista che ha venduto la sua integrità per i dollaroni.
In verità i dischi si devono vendere, o avere più visualizzazioni online o in streaming in tempi odierni più digitali e allora che fanno i danesi? Cercano di rendere il loro death più accessibile sterzando ma non troppo perché qui l’aggressività permane.
Ascoltatevi la prima traccia “
Stormbringer” che è una marcia epica e distruttiva aperta da un riff puramente hard ma che poi cambia registro; si va di pari passo con la semi titletrack seguente che è un bel death massiccio, pesantissimo in mid tempo con riffoni dissonanti doom e con un cambio di tempo che diventa una sfuriata con doppia cassa innestata
Adesso veniamo al cosiddetto “pomo della discordia” almeno secondo dei miei cari amici che lo hanno ascoltato e sono rimasti abbastanza basiti; perché “
King of the sun” è un pezzo con dei riff hard anni 80 che sono piacevoli ed un tiro pazzesco con il vocione del buon
Simon Olsen che duetta con l’ospite speciale
Jesper Binzer dei
D – A – D o
Disneyland After Dark che dir si voglia; c’è anche una goduriosa sezione cadenzata marziale ed epica ma poi si riprende e bisogna dire che il tutto funziona
Ci sono anche delle piacevoli digressioni come i riffoni stoner/doom in “
Imp of the perverse” oppure la strumentale in bilico tra heavy classico e punteggiature hard “
Light of the beacons”.
Devo dire che questo album non è malaccio, certo i puristi inorridirebbero, ma qui non c’è una completa fuga in avanti senza tenere conto del proprio passato, consigliato alle menti aperte.
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