La band nasce nel 1984 per mano di Stacy Anderson, Tommy Stewart e David Stuart. Dopo la registrazione di un demo, incluso nella compilation "Metal Massacre" IV, arrivano all'album di esordio nel 1985. "Tales of Terror" si fa subito strada nel panorama del thrash che andava sviluppandosi grazie anche all'immagine violenta del gruppo e ai suoi testi che parlano di morte, reincarnazione, tortura e mutilazioni varie... Nonostante la obbrobriosa produzione, a causa dello scarso budget a disposizione, la band riesce a creare un gioiello dello speed/thrash metal più sostenuto e furioso. L'album si apre con la velocissima "Plunging to Megadeath", song che non lascia tregua attraverso la quale emerge appieno il carattere aggressivo della band; subito vengono in mentre due grandi band che hanno segnato la storia del metal: Exciter, Exodus. Gli Hallows Eve sono però ancora più marci, cattivi e devastanti persino della band di Paul Baloff e i riff scarni e taglienti della prima song già segnano il cammino dell'album intero. Segue "Outer Limits" in cui la band, senza scordarsi la spietatezza, da più spazio alla melodia, specialmente nelle liriche di Stacy Anderson, che abbandona lo screaming di "Plunging to Megadeath" a favore di tonalità più acute che rimandano al Peavey Wagner di "Reign of Fear". "Horror Show" non cala assolutamente nè di velocità, né di cattiveria; ben in evidenza sono qui il basso di Tommy Stewart, caratterizzato da un suono secco e marcio, e le chitarre che si alternano in fills feroci e d'impatto senza minimamente curarsi dell'aspetto prettamente tecnico. Niente da fare, gli Hallows Eve non conoscono le chitarre acustiche e l'esordio di "The Mansion" è così segnato ancora una volta dai suoni taglienti delle elettriche che ci danno solo per poco l'illusione di avere smorzato il ritmo; le melodie lasciano invece ben presto spazio, con un netto cambio di tempo, al ritorno all'acredine delle songs precedenti. "There are no Rules" è un altro pezzo veloce, dunque, contraddistinto però da sonorità vicine al punk più duro; la song è infatti di pochi minuti e ci conduce al terzinato di "Valley of the Dolls" che funge da preludio alla song-massacro dell'album. "Metal Merchant" è senza dubbio la migliore dell'album, in cui la band unisce alla potenza degli altri pezzi degli ottimi arrangiamenti, specialmente per quanto riguarda le parti di Stuart e Skellator, e un testo carico ed anthemico di quelli da guardare oggi con nostalgia. Incredibilmente, invece, ecco apparire dei suoni acustici con "Hallow's Eve"; la band non può certo però tradire i suoi malsani propositi e quindi, dopo solo un minuto, ecco arrivare il vero avvio della song con il putrido distorto della coppia Stuart/Skellator. Il pezzo si differenzia per le melodie vocali più marcate e per una parte di batteria varia, che abbandona il continuo elicotterio a favore di un mid-tempo quadrato e carico di groove; emerge inoltre appieno la capacità compositiva della band grazie alla complessa ed articolata struttura del brano. Le stesse chitarre acustiche udite lontanamente in precedenza vanno a chiudere il pezzo; mentre la puntina del giradischi si alza, si possono finalmente sentire le orecchie fischiare per la violenza sonora di un album aggressivo dal primo secondo lasciando letteralmente senza fiato. Un lavoro per ogni verso spettacolare che ci ricorda soprattutto come sia possibile suonare del vero thrash metal violento e distruttore anche senza avere i suoni ultra-compressi e le tecnologie odierne, e che con nemmeno trenta minuti di musica ci dice che, se per essere tecnici occorre solo l'allenamento, per suonare del metal davvero bastardo bisogna avere dentro qualcosa di più.