Figli di band come
Neurosis,
Eyehategod e
Incantation, i
Primitive Man sono tra le formazioni che, dopo
Indian e
Khanate, ma anche
Amenra e
Isis, hanno condotto il doom sui sentieri di uno sludge dall’attitudine estrema, gelida e dissonante – dai lievi tratti avant-garde – in cui confluiscono una matrice death e un tocco noise capace di avvinghiare l’ascoltatore all’interno di una miscela claustrofobica, composta da suoni mastodontici, growl, rumori informi talvolta industriali e atmosfere tendenti al drone-ambient, talora persino psichedeliche. Il tutto si sviluppa su strutture dilatate e tutt’altro che orecchiabili. E non fa eccezione il loro nuovo e quarto full-length,
“Observance”, pubblicato proprio in questi giorni di fine ottobre 2025 sotto l’egida della
Relapse Records.
Quasi settanta minuti di musica angosciante si muovono sui binari appena descritti, richiedendo più di un ascolto e una certa familiarità con questa peculiare proposta stilistica. Non si deve cercare dinamismo, pathos o violenza sanguinaria: si tratta di un’esperienza a tu per tu con il terrore del distacco e dell’estraniazione, con le paure più recondite e con una dimensione nera che racchiude in sé il potere della negazione ontologica – il
Niente che annienta ogni forma di essere apparente, manifestando l’essenza celata, immobile e identica a sé stessa di ogni esistere fenomenico.
“Observance” richiede un’attitudine quasi meditativa, una predisposizione all’introspezione e, forse, la curiosità di voler esperire su sé stessi l’angoscia esistenziale da cui, talvolta, può scaturire una catarsi.
Forse i
Primitive Man dovrebbero tentare un maggiore distacco da certi cliché, poiché la novità della proposta tende ormai a scemare e a uniformarsi alla scia di altri gruppi affini. Tuttavia, la qualità rimane alta e, rispettate le dovute premesse, non si può che consigliarne l’ascolto.
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