Mattador - Save Us From Ourselves (Reissue)

Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2025
Durata:47 min.
Etichetta:Frontiers Music

Tracklist

  1. INTRO
  2. FEAR (HIV)
  3. LOST SOULS
  4. IF YOU'RE GONE
  5. ALL BEHIND ME
  6. TIRED
  7. LIVE YOUR LIFE NOT MINE
  8. SAVE US FROM OURSELVES
  9. I DON'T KNOW WHY
  10. HEAR ME CALLING
  11. LYING EYES
  12. IN AND OUT OF TROUBLE

Line up

  • Leo Alvarez: keyboards, piano, Hammond, guitar, backing vocals
  • Carlos Benitez: drums, Lynn Drum machine, percussions, backing vocals
  • Tony Collazo: vocals
  • Ruly Kuan: bass, backing vocals
  • Miguelangel Rodriguez: guitars, violin, backing vocals

Voto medio utenti

Due buone notizie in una sul fronte Frontiers Music.
Innanzi tutto il reclutamento dei (redivivi) Mattador nel prestigioso roster dell'etichetta e subito dopo la ristampa (in digitale …) del loro unico full-length, “Save us from ourselves”, risalente al lontano 1994.
Eh già, ma perché, in tempi di diffusi “ritorni” più o meno giustificati, quello dei portoricani è “diverso” da tanti altri? Beh, innanzi tutto per la qualità e le peculiarità della proposta musicale, non apprezzata per il suo reale valore in un momento storico in cui l’hard melodico non era particolarmente in auge, ancor di più se proveniente da una nazione praticamente priva di una specifica reputazione di genere.
Su tutto è “peculiarità” la parola chiave della faccenda, dal momento che i nostri tentavano una singolare commistione tra US power metal e pomp, attingendo tanto da Queensryche (magari quelli di “Empire”, nonostante “rubino” nell’intro dell’albo parte del celebre annuncio con cui si apriva il capolavoro assoluto “Operation mindcrime” …) quanto dai Kansas, aggiungendo alla mistura anche alcune funamboliche digressioni tipicamente hard-rock alla maniera di certi Mr. Big.
Uscito in origine per la Osama Records, il disco ottenne buone recensioni e garantì al gruppo occasioni live importanti, tutta “roba” che però, come spesso accade, non fu sufficiente ad assicurare un adeguato prosieguo professionale.
Un vero peccato, perché fin dalle vigorose “Fear (HIV)” e “Lost souls” si capiva che i Mattador amavano la “contaminazione” tra eleganza e grinta, ottimamente pilotata da un Tony Collazo che si consegnava alla platea rockofila come una sorta d’interpolazione timbrica tra Ted Poley e Russell Arcara.
If you're gone” rivela il lato più pomposo dei sudamericani, capaci poi, di piazzare in sequenza le coinvolgenti pulsazioni anthemiche di “All behind me”, una delizia acustica denominata “Tired” e una power-song come “Live your life not mine”, istoriata da suggestioni d’ispirazione street-metal.
Arrivati alla title-track, con il suo arrangiamento “barocco”, emerge ancora più chiara l’intenzione dei nostri di esporre il loro eclettismo espressivo, atteggiamento da plaudere ma forse non facilmente “digeribile” da chi ama(va) i suoni maggiormente “schematici” (e, nel settore, sono parecchi, e non solo negli anni novanta …) e, dopo tanta magniloquenza, si trova(va) di fronte “I don't know why”, un hard-blues ruvido e scalciante, non lontano dai Tesla.
Altro cambio di scenario con le tinte Journey-esche di “Hear me calling” e della ballata “Lying eyes”, mentre l’ultima “In and out of trouble”, tra stacchi funky e il serrato fraseggio alla Bettencourt di Miguelangel Rodriguez, appare precipuamente rivolta agli estimatori degli Extreme.
Una “riscoperta” meritevole, dunque, che, nonostante qualche sporadica discontinuità, suona ancora parecchio “fresca” e stimolante, perfetta per alimentare l’attesa per il nuovo materiale dei Mattador, chiamati ad affrontare la “contesa” impegnativa e agguerrita rappresentata dal frenetico rockrama contemporaneo.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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