Quarto sigillo discografico per i francesi
DarkTribe, provenienti da Nizza, intitolato
Forgotten Reveries ed uscito per la nostrana
Scarlet Records.
La band transalpina, la cui line-up, ad eccezione del nuovo batterista
Guillaume Morero, è sempre rimasta la stessa, quindi costituita da
Loïc Manuello (chitarra),
Anthony Agnello (voce) e
Bruno Caprani (basso), ci propone il solito miscuglio di prog e power, infarcito di opulenti trame melodiche e di sonorità moderne (soprattutto negli effetti delle tastiere che personalmente, digerisco a fatica, ma sarà sicuramente uno dei tanti limiti da "boomer", categoria alla quale appartengo).
Forgotten Reveries è un disco che, al primo impatto, può risultare anche gradevole ma, in realtà, si rivela pieno di luci e ombre.
Innanzitutto, a tratti, i
DarkTribe sembrano fare eccessivamente il verso ad altre realtà maggiormente consolidate nel genere (pur senza averne il medesimo tasso tecnico-qualitativo), quali
Seventh Wonder, i connazionali
Spheric Universe Experience, o ancora
Darkwater,
Black Fate,
Circus Maximus, con dei lievi richiami che possono scomodare addirittura i nostri
Secret Sphere, o alcuni "mostri sacri", come ad esempio avviene in
Ghost Memories, dove palesi sono le influenze degli
Stratovarius più recenti.
A parte le suddette somiglianze, che ci possono anche stare, è proprio a livello di song-writing che qualcosa non convince del tutto.
Il difetto principale di questo lavoro, risiede nella sua spiccata musicalità che risulta troppo sfrontata ed esageratamente enfatizzata, quasi a voler paradossalmente nascondere un pericoloso vuoto compositivo-emotivo che lo rende, a conti fatti, non brutto, ma semplicemente innocuo e, per assurdo, freddo.
Qualche “sporcatura” verso una scrittura più aggressiva senza, con questo, oscurare le trame melodiche, come avviene, ad esempio, nell’ispirata S
icilian Danza (la traccia migliore del disco, insieme alla già citata
Ghost Memories), avrebbe indubbiamente giovato, rendendo l’album più efficace.
A dire il vero, specialmente sul finale, dei timidi tentativi di andare verso una direzione più incisiva, ci sono (vedasi
Kings In The Sand e
Mornings Of Fear) ma, gira e rigira, i Nostri, anziché virare verso una convincente veemenza compositiva, commettono sempre i medesimi errori, finendo costantemente per perdersi nei meandri della melodica drammaticità a tutti i costi, che trova il suo culmine, nella fin troppo prevedibile e sdolcinata
Eden And Eclipse o, in maniera minore, nella conclusiva e boriosa
Son Of Illusion.
Peccato, perché i
DarkTribe avrebbero tutte le potenzialità per poter concepire dischi di una qualità decisamente superiore a
Forgotten Reveries che, da un lato, potrà piacere agli gli amanti delle sonorità dirette e di facile presa ma, nello stesso tempo, farà storcere il naso a coloro che preferiscono la sostanza e una maggiore varietà compositiva; per questi ultimi, si tratta di un album senza infamia e senza lode, che rimane sostanzialmente incompiuto.
Ma ormai,
les jeux sons faits!