Nella situazione di esser immesso sul mercato in Settembre per la Lion Music in contemporanea con ristampe e realizzazioni di Chris Poland, Benny Jansson, William Stravato, Planet X e compagnia, questo secondo lavoro ad opera dell'iberico Tony Hernando ha tutte le carte in regola per....passare inosservato!!
Al cospetto dei nomi prima citati, infatti, l'axeman rischia l'anonimato, sia perchè effettivamente non trovandosi nelle condizioni di poter musicalmente competere, sia per l'altisonanza dei nomi a cui verrebbe paragonato, nonostante autori magari di una prova senza dubbio deludente (vedi Planet X, ad esempio).
Non basta ospitare per una manciata di secondi d'assolo musicisti noti quali Andy Timmons e Vitalij Kuprij per dar lustro alla realizzazione ed attirare l'attenzione dell'acquirente: se il risultato lascia a desiderare, c'è poco da correggere con questi specchietti per le allodole.
Certo, la bio ci indica un percorso formativo di tutto rispetto: G.I.T. di Los Angeles, seminari a raffica, lezioni con Timmons, Tafolla, Garsed, Petrucci, padabim....padabam......
Fatto sta che a tutti questi proclami devono corrispondere i fatti ed è proprio qui che il tutto si sgonfia inesorabilmente.
Una noia mortale star dietro a scale, la cui esecuzione evidenzia un costante rimbambimento del suddetto al metronomo, sparate a ripetizione e senza logica alcuna.
Hernando mostra principalmente influenze del Joe Tafolla di "Infra Blue", John Petrucci, Brett Garsed, senza, però, convincere.
In definitiva il cinque è solo per non infierire, ma vi sono tutti i presupposti per sconsigliarne l'acquisto: troppe, troppe scale, incertezza armonica nei soli, poca personalità, poche idee a livello improvvisativo, temi poco convincenti.
Salutiamolo e rispediamolo in tierra caliente.
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