Copertina 9

Info

Anno di uscita:2002
Durata:50 min.
Etichetta:Dragonheart
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. SHORES OF VINLAND
  2. ONWARD INTO BATTLE (ON THE MARCH AGAIN)
  3. THE DOOMSWORD
  4. MCXIX
  5. FOR THOSE WHO DIED WITH SWORD IN HAND
  6. THE EARLY DAYS OF FINN MACCOOL
  7. RESOUND THE HORN: ODIN'S HAIL

Line up

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Negli ultimi anni ho spesso assistito a lunghe ed inutili diatribe su cosa sia l’Epic Metal e su quali siano i gruppi più rappresentativi, e non di rado ho sentito nominare bands del tutto estranee alla cultura e tradizione propriamente Epic.
Per tutti, curiosi e appassionati, arriva questo album a fugare qualsiasi dubbio o incertezza; “Resound The Horn” è la seconda opera (mai termine fu più appropriato) dei Doomsword e, per quanto ormai non sorprenda più nessuno, voglio sottolineare che si tratta di una band italiana, il che mi riempie di patrio orgoglio e gradirei anche che cominciassimo ad essere rappresentati all’estero da bands come queste, e non dai soliti nomi. Rispetto al primo lavoro ci sono delle notevoli differenze a partire dalla produzione, sicuramente più curata, o gli assoli, pieni di personalità e originalità. Ma con termini come produzione o tecnica mi sembra di svilire il contenuto emotivo di questo immenso disco, per gli amanti del puro epic una vera manna dal cielo; racchiuse nelle sette tracce ci sono tutte le sfaccettature di questo genere musicale: dall’epic più vichingo dei Bathory di “Hammerheart” a quello più lirico dei Warlord o Virgin Steele, a quello più doom alla Candlemass, a quello più marziale e guerresco dei Manowar, il tutto immerso in un alone underground degno delle band culto come Manilla Road e Cirith Ungol. Uno dei meriti maggiori dei Doomsword è quello di saper rendere con incredibile efficacia un’atmosfera magica di paesaggi nordici avvolti da un’eterna bruma che lascia scorgere visioni oniriche, dalla più dolce poesia alle urla più violente e strazianti, il tutto ha un sapore mistico e una solennità degna di un sacro giuramento. Gli aggettivi più altisonanti non potrebbero mai descrivere brani semplicemente perfetti come “Onward Into Battle” in cui lo spirito eroico di Marck Shelton sembra essersi impossessato di Deathmaster quando pronuncia le parole “…victory we bring..” prima di un bridge e un chorus semplicemente da brividi; o di momenti di classe pura come il lungo solo al termine di “For Those Who Died With Sword In Hand” (song dal refrain alla Manilla Road), capace forse di poter rappresentare in toto il termine Heavy Metal e pieno di feeling come non ne sentivo da anni. Che dire poi, ad esempio, della conclusiva “Resound The Horn: Odin’s Hail”, coinvolgente sin dall’esordio con un riff incalzante che definire marziale è un eufemismo, pieno di poesia nella parte acustica che precede le grida di battaglia, i nitriti dei cavalli imbizzarriti e il fragore delle armature. “MCXIX” riprende poi le scale orientaleggianti, un topos dell’epic metal, e in “Doomsword” è semplicemente esaltante l’autocitazione dall’intro del primo album.
Un plauso doveroso anche per le liriche davvero ispirate e pregne di significato, tranquillamente all’altezza dei migliori Manowar o Manilla Road. C’è poco da fare, secondo l’umile parere del sottoscritto, i Doomsword con il loro debutto e con questo “Resound The Horn” hanno fatto il loro ingresso nell’olimpo delle bands immortali, quelle che lasciano un segno indelebile nella storia di un genere musicale, in questo caso l’epic. Potrei continuare nel descrivere con minuzia ogni brano e ogni giro di chitarra, ogni linea vocale ancora per ore, ma non avrebbe senso, perché questo album va ascoltato e gustato nella sua monolitica interezza, va interiorizzato in ogni sua nota; magari in momenti speciali e in luoghi particolari che potrebbero esaltarne all’inverosimile il fascino. Già mi vedo sulle alture di una montagna, alla fine della notte ormai prossima all’alba, un grande fuoco e delle fiaccole, un corno stracolmo di idromele e lo sguardo proteso verso il nord, a fantasticare di vichinghi ed epiche battaglie…..
Recensione a cura di Gianluca Silvi

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