All'interno della scena industrial sicuramente il nome Pitchshifter è tra quelli che negli ultimi anni si è maggiormente distinto come quello di una delle band più rappresentative del genere. "PSI" è il titolo del loro nuovo album in uscita per Mayan Records (Sanctuary Group), un lavoro sicuramente all'altezza della band ma non del tutto convincente per quel che riguarda originalità e innovazione. Un disco canonico, quasi classico; per un genere come l'industrial invece in continua ricerca di sperimentazioni e contaminazioni, sempre in movimento, questo "PSI" suona quasi anacronistico proponendo una buona dose di quella che può essere considerata l'essenza di questo genere, ma poco di più.
I 12 brani presenti sono sicuramente composizioni di buona fattura e non mancano di compiacere l'ascoltatore, come in "Eight Days" o "Whatever" o ancora "Shut Down", ma mancano quasi totalmente di quella componente innovativa che in parte ci si potrebbe aspettare da un sound del genere. Ogni singola canzone sembra provenire da un passato il quale difficilmente riesce attuale, dal songwriting alla produzione, a tratti poco potente anche se di buoni livelli. Difficile che il giudizio sull'album in questione non risulti controverso (a meno di non essere grandi amanti del genere) dato che ci si trova continuamente a trovare "superate" e stancanti certe soluzioni ma allo stesso tempo intriganti e azzeccate altre.
Sicuramente non un disco immediato ma al quale dedicare numerosi ascolti prima di poter apprezzare o meno il suo contenuto, cosa questa che non ne facilita molto l'assimilazione anche se sicuramente i più appassionati non rimarranno delusi.
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