Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2004
Durata:38 min.
Etichetta:New Aeon Media
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. ACTS OF LUNACY
  2. CIRCLE OF FEAR
  3. FOREVER LOST
  4. INFECTED WAR
  5. ADDICTED
  6. DEAD POINT OF VIEW
  7. BLACKEND
  8. REIGN OF HATE
  9. THE ABYSS

Line up

  • Stefan Persson: vocals, guitars
  • Niklas Pettersson: guitar
  • Johan Andreasson: bass
  • Daniel Landin: drums

Voto medio utenti

Provengono da Halmstad (SWE) questi giovanotti che se non fanno power cosa ci propongono? Esattamente, del buon death/thrash di matrice prettamente svedese che pesca a piene mane da gruppi come At the Gates, The Crown, Soilwork e chi più ne ha più ne metta. Tuttavia gli Scenteria (al giorno d’oggi scegliersi un monicker bello è divenuto più difficile che ottenere un contratto discografico), pur cimentandosi con buona perizia tecnica ma con originalità e personalità prossime allo zero, si lasciano apprezzare per la buona vena melodica che riescono ad inserire nei loro brani, ovviamente in special modo al momento dei chorus e dei break che cambiano l’incedere della canzone. Se tutto questo è l’arma che fa emergere gli Scenteria quel minimo dal calderone dei mille gruppi thrashosi tutti uguali, c’è da dire che alla lunga la voce di Stefan Persson, anche alla chitarra, risulta a dir poco piatta e monocorde e dopo una manciata di canzoni emerge il desiderio di ascoltare uno screamer un poco più vario, capace magari di alternarsi tra parti pulite, parti in simil-scream (come accade per la totalità di questi 38 minuti), e magari anche partiture in growling, per dare al tutto un tocco di death metal old school. In ogni caso, nella sua bontà, il disco è piuttosto ripetitivo quindi vi basterà dare un ascolto alle prime due tracce, ovvero le buonissime “Acts of Lunacy” e “Circe of Fear” per decidere se questa band fa per voi o meno. Bravi Scenteria, avanti così, ma è d’obbligo il cambio di cantante in favore di qualcuno più dotato, con buona pace di Persson che potrà così dedicarsi al 100% alla sua sei corde.
Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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