Down - II - a bustle in your hedgerow

Copertina 8

Info

Anno di uscita:2002
Durata:66 min.
Etichetta:Elektra

Tracklist

  1. LYSERGIK FUNERAL PROCESSION
  2. THERE’S SOMETHING ON MY SIDE
  3. THE MAN THAT FOLLOWS HELL
  4. STAINED GLASS CROSS
  5. GHOSTS ALONG THE MISSISSIPPI
  6. LEARN FROM THIS MISTAKE
  7. BEAUTIFULLY DEPRESSED
  8. WHERE I’M GOING
  9. DOOBINTERLUDE
  10. NEW ORLEANS IS A DYING WHORE
  11. THE SEED
  12. LIES, I DON’T KNOW WHAT THEY SAY BUT...
  13. FLAMBEAUX’S JAMMING WITH ST.AUG
  14. DOG TIRED
  15. LANDING ON THE MOUNTAINS OF MEGGIDO

Line up

Non disponibile

Voto medio utenti

Molto è già stato detto e scritto su questo disco, uno dei veri eventi musicali dell’anno indipendentemente dalle fasulle sirene pubblicitarie che spingono in altre direzioni. Colorite storie di fumo ed alcool, paludi e zanzare, spettri del Sud e granai solitari, ed il sottoscritto costretto ad attenderne l’uscita nei negozi arriva con incolpevole ritardo per queste rivisitazioni del folklore cajun. Quindi ne farò a meno. Comincerò invece con una conclusione: ho adorato “Nola”, consumato ed inserito nel mio bagaglio di ricordi musicali, farò lo stesso con il suo degno erede “II”. Le analogie tra i due sono palesi, come se i sette anni trascorsi si fossero ridotti a breve intervallo temporale, ma due secondo me le differenze: l’esuberante e convulsa magia che circondava il primo come un alone di santità si è in parte attenuata, forse per la mancanza dell’effetto sorpresa, mentre il seguito appare invece meglio bilanciato, maturo e curato in ogni particolare. Risultato, gran disco. Vorrei evitare la retorica delle canzoni che nascono dal cuore e dalla passione, per non infastidire coloro che ritengono la musica roba da pianificare a tavolino tra ingegneri metronomi e planimetrie, ma non ne posso fare a meno perché tutto questo lavoro è istintivo, naturale, spontaneo, dove affermati musicisti di estrazione diversa mettono a disposizione le loro esperienze per ricreare il sound fondamentale, antico e moderno, eterno ed immortale, che si chiama heavy rock. Nascono solo così gioielli come “Learn from this mistake” lo scivoloso blues d’archivio dove Anselmo, irsuto look da ultima moda stoner, si finge crooner da saloon rivivendo con dolore i suoi personali fantasmi di vita vissuta. E’ la splendida vena intimista dei Down, nata tra le solitudini ed i miasmi di quelle terre, che attraversa con malinconia la country-song “Where I’m going” e swingando la dinamica “Lies”, costruita intorno al basso di Rex Brown, per fondersi poi con gli elementi cardine del suono confederato: boogie, hard rock, rythm’n’blues, un’ombra scura di doom, un tocco lieve di psichedelia. Spazio quindi ai ruvidi omaggi al southern “Stained glass cross” e “Ghosts along Mississippi” trattati con la semplicità che si riserva ai vecchi amici e con la dedizione di chi questo stile lo ha respirato fin dalla nascita. Spazio a Pepper Keenan ed al suo C.O.C.-style per i furiosi e torridi momenti di “Dog tired” e “Beautifully depressed”, dense colate di groove patrimonio ormai di poche bands come questa, ed ancora pronti per un heavy bastardo come “New Orleans is a dying whore”, l’anthem da urlo dove Phil ritorna cattivo esprimendo amore-odio verso le proprie radici, uno di quei pezzi che ascoltati una volta restano impressi per sempre. Tutto facile, immediato, emozionante, bello. Le poche cadute di tensione arrivano proprio sui tagli più modernisti e metallici di canzoni come “The seed” e “The man that follows hell”, forse un po’ troppo spigolose per inserirsi bene nella corrente di sentimento vintage che trasuda da questo lavoro. Piccoli nei che fanno ancor più risaltare la qualità del resto vedi il funerale lisergico posto all’inizio, che se non fosse un brano stupendo mi piacerebbe soltanto per il titolo, ed il colossale drammatico trip acustico delle Montagne di Meggido, parto della mente di Anselmo ispirato sia dalle sostanze prese sia dalla produzione del progetto “Southern isolation”, che umilia per intensità tonnellate di musica di plastica e che da solo vale il prezzo del biglietto.
Se non si trattasse dei Down questo album finirebbe dritto e filato nel sottoscala dello stoner, ignorato e frustrato, perché presenta similarità accentuate con altri prodotti del genere, magari quel “Seeds of decades” dei Sixty Watt Shaman passato inosservato ma di livello poco inferiore al presente “II”. Essendo però i componenti dei Down protagonisti della scena metal ortodossa, si preferisce glissare su un concetto sempre più confermato dai fatti: chi ha ancora interesse a produrre musica che offra emozioni e coinvolgimento totale, non solo esercizio fisico o cerebrale, deve scrollarsi di dosso i personaggi costruiti per il music business e tornare alla libertà creativa e d’esecuzione che da sempre ha portato i maggiori sviluppi in campo artistico. Atteggiamento retrò quanto si vuole ma puro e costruttivo. Questo disco oltre che indispensabile ascolto, può diventare didattico e fondamentale in questo senso perché basato su musicisti di primo piano e non su coraggiosi ma sconosciuti ragazzi di underground bands. Non mi stupirei di vedere in breve tempo sparire gli indeboliti Pantera a vantaggio dei Down, ora determinati anche ad incentivare un esistenza live per ottenere l’affermazione definitiva.
voto 10

Questo è un cd da 10..più blues del primo..spettacolare..Phil anselmo al top..magico magico magico

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