Esce per la l'etichetta indipendente degli IQ, ha una cover in stile fantasy (il mostriciattolo tutto solo nel bosco si chiama Squonk, non vi ricorda qualcosa?), vanta ospiti del calibro di Tony Levin, Geoff Downes (Yes, Asia), Nick D'Virgilio, Gary Chandler (Jadis, per i quali ha fatto da supporter in tour) e la triade IQ formata dall'ormai ex Paul Cook, Martin Orford e John Jowitt, nonostante ciò "EC part 1"(logico aspettarsi un seguito) non è un disco prog, bensì l'esordio di un polistrumentista-cantautore inglese il cui più grosso rimpianto è di non essere nato con 6 braccia e 4 piedi così da poter formare una vera e propria one-man band. Le sue canzoni rientrano in un pop melodico e sofisticato di facile ascolto mai troppo scontato che attinge da Marillion, Tears For Fears, REM e dal folk rock, la sua voce melodica e versatile (stile Steve Hogarth, Ray Wilson, Michael Stipe) è di quelle che non necessitano l'uso dei testi per capire ciò che canta: viaggi individuali, problemi sociali, persone tormentate dal dolore ("Julia" e "Therapy") e una denuncia agli USA ("Las Vegas was built on sand, but at what price? the indian's sacred sand").
Malgrado sia un disco pop che predilige atmosfere più sommesse, folk o acustiche, "EC part 1" si nega alla totale commercialità e richiede un ascolto attento e sensibile: "God bless America" ricorda anche nel cantato la prima parte di "Easter" dei Marillion, in stile più folk e con l'aggiunta del flauto di Orford e del mandolino, "Well outta that" è un rock semi acustico atmosferico dal vago sapore pinkfloydiano in cui Thorne strumentalmente viene aiutato solo da Levin al basso, "Ten years" nel cantato e nello stile prende dai Marillion di Hogarth e dagli IQ di "Ever" ("Afraid of sunlight" incontra "Fading senses"), sospesa tra melodie eteree, effetti sonori ed un guitar solo finale di Gary Chandler. "Last line" include un meraviglioso solo di Hammond di Geoff Downes, la strumentale "Every second counts" mescola samples ed effetti con una presentissima e strabiliante performance al basso di Levin aiutato dal drumming di Paul Cook, ancora grandi emozioni e melodia malinconica con "Julia" (D'Virgilio alla batteria), ancora i Marillion di "Season end" e "Holidays in eden" nella dolcissima "Tumbleweeds", ancora accompagnata dal mandolino ed un soffice manto di tastiere, la vena più rock Thorne la sprigiona nel refrain di "Gone" dove interrompe un ritmo country-folk (al basso c'è John Jowitt), degna conclusione con l'acustica "Goodbye" in cui Thorne fa tutto da solo (voce, controcanto, chitarre, tastiere e bass pedals).
Anche se dalla Giant Pea la cosa più commerciale che ci si può aspettare è un cd dei Jadis, dimenticate per un attimo la vostra passione più progressive e cercate di attingere alle molte emozioni che queste creature emozionali sono disposte a darvi, e se volete saperne di più, www.steve-thorne.com, dove è anche possibile acquistare un suo live con brani non inclusi in questo cd.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?