Il voto che accompagna il vero primo live della formazione svizzera (non contiamo difatti l’unplugged ‘D-Frosted’) non vuole essere una valutazione globale per la splendida carriera che ha portato i Gotthard, nel giro di quasi quindici anni, nel gotha dell’hard rock contemporaneo, in grado di tenere botta a storici act come Whitesnake (il vero punto di riferimento per Leo Leoni e soci) e Thin Lizzy. Questa precisazione è doverosa in quanto il giudizio su ‘Made In Switzerland’ non è altrettanto positivo: troppo moscio, troppo levigato nei suoni, con una scaletta non del tutto convincente che ha “tagliato” parecchi pezzi dei primi due album. L’inizio galoppante di ‘All We Are’ e ‘Dream On’ ci aveva fatto sperare in un incondizionato bagno di adrenalina ma la versione spompata di ‘Hush’ raffredda gli entusiasmi e la seguente ‘Mountain Mama’ ci restituisce solo in parte la vocalità di un Steve Lee francamente al di sotto del suo standard per tutta la durata del concerto qui immortalato. Non mancano le ballad che hanno reso così tanto in termini di successo e di vendita, ecco così che ‘One Life One Soul’ e ‘Heaven’ fanno bella mostra di sé (anche se risulta inspiegabilmente assente la grandissima ‘Angel’) deliziando un pubblico caldo e coinvolto, anche se un pochino troppo messo in disparte dal mixing finale. Non manca la classica cover da donare in pasto al termine dei bis: ‘Immigrant Song’ del “dirigibile” è ben suonata e tutto sommato riesce ad amalgamarsi al resto della set list non spezzando il mood creato in precedenza con le scoppiettanti ‘Lift U Up’ e ‘Anytime Anywhere’. Una simpaticissima copertina confeziona un prodotto che ha dato l’impressione di essere stato pensato appositamente per vendere il più possibile, lasciando in disparte la freschezza di pezzi, magari meno da ‘airplay’, ma più in linea con le radici del gruppo svizzero. La paura è che i Gotthard siano rimasti prigionieri del successo ottenuto in ambito europeo e che, lentamente, stiano iniziando a svolgere il compitino sia in studio che dal vivo e niente più, cosa accaduta in precedenza a Scorpions, Bon Jovi, “Serpente Bianco” compreso.
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