Il talentuoso tastierista dei Royal Hunt torna sul mercato con un lavoro solista, che sebbene porti in copertina anche I nomi di David Readman e Paul Laine, è totalmente farina del suo sacco.
A dir la verità, l’astro del musicista russo/danese appare da qualche anno a questa parte in caduta libera: essendo stati gli ultimi lavori dei Royal Hunt una delusione totale (almeno per il sottoscritto), pareva proprio che le idee stessero davvero ampiamente scarseggiando.
“III” è un disco che non si discosta quasi per nulla dal suono tipico della band madre di Andersen, eccezion fatta per la tendenza dei brani ad essere maggiormente diretti e lineari, senza quel gusto barocco e progressivo a cui i Royal Hunt ci hanno abituato.
Le vocals vengono in questa occasione affidate a due cantanti di lusso come Paul Laine (ex Danger danger) e David Readman (Pink Cream 69), che sono stilisticamente più adatti a cantare il genere proposto da Andersen (io sono anni che sostengo che John West sia bravissimo ma fuori posto), e questa è una delle ragioni per cui questo disco suona decisamente meglio degli scialbi “Paper blood” e “Eye witness”. Certo, le iniziali “Rise” e “Dust to dust” non sono altro che esercizi di stile, tanto piatti e scontati da fare credere che siano stati scritti e registrati in una decina di minuti davanti al televisore e ad una birra, ma per fortuna ci si riprende in fretta. “The way it goes” è una song da manuale, interpretata magnificamente da Laine, e dotata del primo refrain azzeccato del disco. Più dura e hard rock “Straight to the heart”, questa volta affidata a Readman, anch’essa molto efficace, mentre la palma del pezzo migliore se la aggiudica “Don’t need a thing”, un brano che è un perfetto incrocio dei Royal Hunt di “Moving target” con quelli di “The mission”: a questi livelli il buon André non arrivava da anni! Molto bella anche la successiva “End of my rope”, una ballata molto lontana dagli sdolcinati episodi proposti dal tastierista negli ultimi tempi, dal sapore vagamente folk, e molto riuscita nelle melodie vocali.
In conclusione, siamo di fronte ad un album canonico, suonato benissimo da musicisti eccezionali, che in poco meno di quaranta minuti di musica infila almeno tre brani sopra la media: quanto basta per promuovere “III” a pieni voti. Chissà mai che il prossimo album dei Royal Hunt non ci riservi qualche sorpresa…
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