Chi è immerso totalmente nell’underground stoner conoscerà sicuramente i norvegesi Pawnshop, sulle scene da alcuni anni e giunti al loro terzo album per l’etichetta savonese. I loro due lavori precedenti, “Broke” e “Aloha from Saturn”, uno cupo e kyussiano l’altro votato al verbo energetico dei Fu Manchu, hanno portato la band all’attenzione degli esperti che, pur non riconoscendo loro le stimmate della genialità, l’hanno accolta in modo positivo. In questo “Cruise’o’matic” sono riusciti ad accentuare ancora di più la somiglianza con il gruppo californiano e, grazie ad un’ottima produzione, a completare un disco colmo di tellurica energia. Come al solito sento il dovere di specificare che se siete in cerca di novità sconvolgenti dovete rivolgervi da altre parti, qui abbiamo soltanto una mezz’ora abbondante di heavy rock robusto ed odore di gas di scarico, una corsa alla massima velocità per far esplodere un po’ di adrenalina e spesso può risultare più che sufficiente. Awesome Machine, Rollerball, El Caco, Sunride, tanto per fare qualche nome ed inquadrare il tiro dei Pawnshop, i quali mettono tutta la grinta possibile per allinearsi alla cerchia delle formazioni muscolari tirando bordate stoner pesanti ed infuocate (Las Vegas, Thailand), qualche stoner’n’roll anfetaminico (Baby bitch), alcuni episodi vivacizzati da una sottile aura psichedelica (Space cadillacs, Living zombie) e canzoni che rasentano il plagio ai danni di Scott Hill (Mean machine, Blissed out), viaggiando alla massima potenza e velocità concepibile in questo genere musicale. Alla fine non nutro dubbi sulla buona fede e sincerità di questi ragazzi, anche se l’omaggio ai loro idoli comprende perfino la copertina automobilistica, ma ritengo necessario per non soffocare uno dei pochi movimenti interessanti dei tempi attuali, limitare l’abuso delle solite idee e cominciare a guardare oltre i consueti giri di chitarra. Tanto ritmo, tanto volume, indicato però ai completisti di bocca buona o agli ascoltatori superficiali.