Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2007
Durata:78 min.
Etichetta:Roadrunner
Distribuzione:Warner

Tracklist

  1. IN THE PRESENCE OF ENEMIES PT. 1
  2. FORSAKEN
  3. CONSTANT MOTION
  4. THE DARK ETERNAL NIGHT
  5. REPENTANCE
  6. PROPHETS OF WAR
  7. THE MINISTRY OF LOST SOUL
  8. IN THE PRESENCE OF ENEMIES PT. 2

Line up

  • James Labrie: vocals
  • John Petrucci: guitars
  • Jordan Rudess: bass
  • John Myung: keyboards
  • Mike Portnoy: drums

Voto medio utenti

Ed eccoci, finalmente, a recensire il tanto atteso “Systematic Chaos”, prima uscita dei Dream Theater per Roadrunner Records. C’è talmente tanta carne al fuoco che non so da dove cominciare, oddio… vabbè, si parte.

1) L’ETICHETTA – Il cambio di label influirà o meno? Influisce, influisce… Scoprirete, in questo viaggio insieme nel nuovo disco dei DT, che il suddetto si incastona perfettamente nel tipico “Roadrunner style”, e non a caso. La promozione per il nuovo album è stata davvero spietata, come i nostri non ricevevano da tanto, troppo tempo. Singolo, cd in edizione limitata, un video in lavorazione (“Constant motion”), press kit, E-Cards, sito su MySpace… insomma, i Dream Theater hanno avuto tutta l’esposizione mediatica possibile, com’era ovvio aspettarsi dai ragazzi in Roadrunner. L’operazione reclutamento è già cominciata!

2) IL CD – il nostro disco è quello dell’edizione speciale: copertina diversa dall’originale (classico trucco per i collezionisti, così sono costretti a comprarle tutt’e due!), ed include un secondo CD, dove trovi l’intero album mixato in 5.1 ed un documentario di circa 90 minuti girato dal buon Portnoy sulle fasi di lavorazione di Systematic Chaos. Interessante, ben curato e ben impacchettato, e te pareva!

3) LA MUSICA – entriamo nel vivo: in questo nono lavoro trovano posto otto tracce, di cui la prima e l’ultima sono due parti della medesima canzone, “In The Presence of Enemies”. Scommetto che vorrete il track-by-track, ed in questo caso è davvero necessario, credetemi. Buon viaggio.

1- In The Presence Of Enemies Pt. 1 (9:00). Si parte in quarta, con un’intro strumentale che ricorda da vicinissimo i Rush di “2112” (penserete: cominciamo il gioco al rimando musicale? Risposta: si!). dopo due o tre curve da capogiro, la giostra si ferma sul primo motivo portante della intera song, un secondo movimento su cui entra un ottimo ed ispirato LaBrie a raccontare di redenzione, morte e risurrezione… uhm… Tant’è. La canzone si sviluppa in maniera decisamente avvincente, portandoci al minuto 9 con l’acquolina per quello che sarà il suo naturale seguito. Ci arriveremo.

2- Forsaken (5:36). Forse il primo, vero “mid-tempo” nella storia dei Dream Theater. Intro pianistica che moooolto sa di Symphony X, ed un riffing più ritornello che più scontati non si può, ma dannatamente belli, mannaggia a loro. Faremo più tardi un’approfondita valutazione dei singoli musicisti, la song in sé è un potenziale radio hit, staremo a vedere.

3- Constant Motion (6:55). Il primo singolo estratto da “Systematic Chaos” sa di Metallica lontano un miglio, ma la cosa non preoccupa più di tanto, a meno che non siate un fan del prog… Ehm, ehm. I riff sono comunque belli, ed ecco che si riaffaccia ‘macchinetta’ Petrucci, che è talmente bravo con la chitarra che è quasi un peccato sentirgli sprecare centinaia di note in centesimi di secondo, de gustibus. Voci filtrate, Portnoy all’ideale controcanto, il brano è pesante e possente, pieno Roadrunner-style, come detto sopra.

4- The Dark Eternal Night (8:51). Un riff iniziale che è una mazzata sui denti, per il secondo pezzo pesante di questo disco, e stavolta siamo pesanti un bel pò: riff sulla sette corde, un Myung davvero delizioso e cesellatore come non mai, ancora una volta voci filtrate e distorte, ed un altro testo pieno di richiami a misteriose figure, demoni e creature che vivono intorno o dentro di noi. Una sezione strumentale, verso i due terzi del brano, da perderci assolutamente la testa, con un frenetico rincorrersi di Rudess (che mostro!) e Petrucci, per un brano da moshing!

5- Repentance (10:43). La “AA Saga” continua (per i non informati, Mike Portnoy scrive, da qualche album a questa parte, brani che raccontano della ‘AA saga’, ovvero il percorso intrapreso dagli alcolisti anonimi per uscire da questa terribile dipendenza, esperienza direttamente vissuta da lui stesso), ed apre i battenti con il riff portante di “This Dying Soul”; questa volta, però, l’atmosfera è rarefatta, leggera, malinconica, molto ma molto Floydiana. Il primo minuto è veramente da brividi, etereo, dal drumming quasi sospeso e con un uso sapiente di delay e riverberi. E quando, poco dopo, James LaBrie comincia a cantare, vengo trasportato in un’atmosfera struggente, delicata nel suo dolore. Uno dei brani più belli e intimisti mai scritti dai nostri 5, con una ridda di nomi famosi (Corey Taylor, Joe Satriani, Steve Vai, Steven Wilson, Mikael Akerfeldt, Jon Anderson, Dave Ellefson, Daniel Gildenlow, Steve Hogarth, Chris Jerico, Neal Morse) a sussurrare il dolore provato a causa di questo brutto guaio con l’alcol. Da ascoltare e riascoltare coi fazzoletti in mano, meraviglioso.

6- Prophets Of War (6:01). Ah, come mi diverto adesso… questo brano è una SPUDORATA copiatura di una qualsiasi song dei Muse, altro che ‘Never Enough’ di Octavarium! Ascoltare per credere! Ciononostante, il riff portante e il ritornello urlato a squarciagola dai fortunati fans ammessi in studio durante le recording sessions, ne fanno un brano che ascolto più e più volte di fila, e che sa gasare come pochi, complice anche la non eccessiva durata. Un gran pezzo, un’operazione commerciale o un grosso scivolone involontario? Ai posteri l’ardua sentenza, io me lo sparo di nuovo!

7- The Ministry of Lost Souls (14:57). Basta scherzare, si entra nell’ultima mezz’ora di “Systematic Chaos”, e da adesso in poi si fa sul serio. “The Ministry of Lost Souls” è una epic song di quasi quindici minuti, costruita attorno al motivo che esplode sin dal primo secondo. Il brano è un inno alla Musica, che viene srotolata come un prezioso tappeto sotto parole che sanno di perdita di un amore, di smarrimento e di speranze perdute e forse ritrovate. Ancora una volta lo spirito dei Pink Floyd non è lontano, ma stavolta non si tratta di copiatura, me di ISPIRAZIONE. Mai come in questo meraviglioso brano, i Dream Theater in questo disco sono ispirati, pieni di Arte allo stato puro che riesce a fluire in tutte le pieghe di questi 15 meravigliosi minuti, dalle accelerate ai momenti più delicati e fragili. Un capolavoro.

8- In The Presence of Enemies Pt.2 (16:38). Il basso di John Myung sembra quello di Roger Waters in “Goodbye Cruel World”, ma è la chiave per entrare nella seconda parte di questo meraviglioso brano. La sublimazione e il collassamento del mondo interiore del protagonista, che cede alle lusinghe del male, obbligando se stesso ad adorare la sua parte malvagia, salvo poi scoprire nel finale quanto dolore e distruzione ha portato fuori e dentro di sé, al limite del non ritorno. La musica sottostante (se mai si possa chiamare sottostante la musica in un brano dei Dream Theater) lascia semplicemente di sasso, soprattutto per un nuovo uso del cosiddetto ‘motivo ricorrente’: una sorta di filo rosso musicale, che unisce e lega le varie parti del brano rendendolo più omogeneo e coerente. Se non fosse per un ennesimo funambolico sfoggio di tecnica nella parte strumentale (la penultima), per me ormai evitabile, il pezzo stesso ci trascina ad un gran finale da brivido, dove proverai a guardarti indietro per paura che il ‘maestro oscuro’ sia lì a ridere di te… Senza parole.

4) I TESTI – Enorme svolta nella stesura lirica, per questo “Systematic Chaos”, svolta che si ripercuote sulla musica, o viceversa? I testi si indirizzano verso ambientazioni epiche, quasi fantasy, oscure o malinconiche, con un mood spesso tetro, forse il più cupo dai tempi di Awake. Molto strano, ma decisamente accattivante, ancor più in quanto inaspettato. Se non ascoltassi la voce di LaBrie, forse mi rifiuterei di pensare che inni al Dark Master, orde di uomini che urlano ‘Fight for Change!!!’ e personaggi in lotta col proprio lato oscuro e con la follia che vi alberga, risiedano nelle canzoni dei DT… Sicuramente la virata di rotta è decisa e netta rispetto al passato, ed è questa una buona scusa per affermare che questo disco, con ‘Octavarium’, non c’entra veramente niente. Laddove ci si aspettava un ennesimo ripescaggio nei ‘cassetti’ e negli ‘archivi’, la band ha partorito un nuovo, piccolo mostro, tentacolare, inquietante e stranamente attraente…

5) I MUSICISTI – Moltissimo da dire anche qui, ed anche qui preferisco spezzare il discorso per singolo musicista:
a) James LaBrie: estremamente evocativo, molto a suo agio in questo disco, dove peraltro non tira fuori più di 5-6 acuti dei suoi. Ed è una scelta quantomeno strana per un cantante che è appena uscito da una bruttissima fase professionale, ed ha appena ritrovato la magia del suo intero range vocale. A quanto presumo, la mossa sarà azzeccata in fase live: i pezzi vecchi sono tutti alti, quelli nuovi volano basso, ed il buon James saprà consigliare Mike nella scelta delle scalette… Astuto.
b) John Myung: sottotitolo: ‘era ora’. Finalmente John Myung, dove e quando può, esce dal cono d’ombra dei riff di Petrucci. Peraltro, sfodera un sound davvero nuovo, meno ‘frustato’ dei precedenti album; peraltro, nei promo-video, si vede il buon John in studio suonare esclusivamente bassi Music Man Bonzo, e non più il suo enorme Yamaha… rivoluzione in arrivo?
c) John Petrucci: la verità? Forse quello che mi è piaciuto di meno in questo disco. O meglio, ci sono dei riff davvero superbi, per classe ed esecuzione, ed altre soluzioni sonore scontate e banali oltre ogni limite, inaccettabili per un maestro del suo calibro. Stessa storia per i solos: ancora una volta struggenti ed imprescindibili quelli lenti e con poche note, decisamente evitabili quelle sviolinate prive di anima, con o senza unisono di tastiera. Nel mixing, peraltro, l’ho trovato a volte troppo alto, al limite del fastidioso… Fate vobis.
d) Mike Portnoy: il mio idolo di sempre forse finalmente una cosa l’ha azzeccata, le lunghe sessions con altri musicisti (Neal Morse in primis) sembrano essere serviti: in “Systematic Chaos” il buon Mike sembra finalmente al servizio delle canzoni, e non viceversa. Laddove evita di sfoggiare, dà alle canzoni un respiro che spesso non avevano. Un musicista della sua stazza può tranquillamente smetterla di autocompiacersi allo strumento; il drumming è sempre ben piazzato, opportuno e poco poco invadente. Ottimo.
e) Jordan Rudess: un altro disco a fare il lavoro sporco, ma stavolta si sente lontano un miglio che buona parte della musica è farina del suo sacco. Al di là di nuove diavolerie tastieristiche, che poi altro non fanno che riprodurre sempre più fedelmente strumenti del PASSATO (interessante osservazione per le generazioni future…), Jordan lavora davvero di cesello su brani che in alcuni momenti davvero non reggerebbero ulteriori appesantimenti sonori. A mio avviso una prova magistrale.

Concludiamo? “Systematic Chaos” è un disco diverso, inquietante, di classe, sfacciato, epico. Tutti aggettivi dall’accezione neutra, a voi metterci il cappello che più gli si addice.
Recensione a cura di Pippo ′Sbranf′ Marino
Caos ordinato

Con il deal con la storica label indipendente Roadrunner(ma ormai grande come una major),i nostri esasperano più marcatamente il lato heavy da sempre amato da Petrucci & Portnoy e se ne escono con un album non de tutto bello,ma potente e capace di pagine anche più dark fantasy come"Forsaken"(bellissimo il video),"The Dark Eternal Night"e la suite finale "In the Presence of Enemies".

Che casino, altro che sistematico!

Non ho mai capito perchè molti recensori e fans hanno detto che con questo album i DT stavano risalendo la china. E' il loro peggior disco, confuso, tutte le tracce, eccetto forsaken e la prima parte di In the presence sono costellate di esagerazioni che rovinano l'ascolto come le vocals di Portnoy, the ministry è noiosa per 14 minuti. E' bastato mettere qualche distorsione in più per far dire al metallaro medio che era un bel disco. Mah..

Sicuramente non uno dei peggiori

Un 3, 5 più verso il 4 che verso il 3, un disco di indiscusso valore tecnico, niente male, ci sono stati dischi migliori.

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 13 ott 2024 alle 23:08

Io lo trovo molto forte questo disco..è pieno di atmosfere cupe, che però hanno il loro fascino, Forsaken è la mia preferita! Aspetto il prossimo! **

Inserito il 06 feb 2024 alle 19:37

Io lo trovo molto forte questo disco..è pieno di atmosfere cupe, che però hanno il loro fascino, Forsaken è la mia preferita! Aspetto il prossimo! **

Inserito il 30 set 2023 alle 01:31

Io lo trovo molto forte questo disco..è pieno di atmosfere cupe, che però hanno il loro fascino, Forsaken è la mia preferita! Aspetto il prossimo! **

Queste informazioni possono essere state inserite da utenti in maniera non controllata. Lo staff di Metal.it non si assume alcuna responsabilità riguardante la loro validità o correttezza.