Ho sempre ritenuto i Watain una band sopra la media, e uno dei pochi gruppi davvero in grado di poter dire la loro nel sempre più affollato e scadente panorama black metal. Quando poi in seguito all’uscita di “Casus Luciferi” si imbarcarono nel tour di supporto ai rinati Dissection penso che qualcosa sia scattato in loro. La vicinanza alla figura carismatica e magnetica di Jon Nödtveidt, la loro affiliazione all’MLO, hanno fatto sì che più o meno esplicitamente i Watain diventassero i veri e unici discendenti della mitica band svedese. Se già nei loro precedenti lavori le influenze dissectioniane erano ben presenti, pur se mescolate a forti influenze di black norvegese, in questo nuovo “Sworn to the dark” diventano ancora più evidenti, e, volendo fare un’affermazione forte, posso tranquillamente dire che l’ultima fatica dei Watain meriterebbe di stare al posto del mediocre “Reinkaos” nella discografia ufficiale dei Dissection. Chiariamo però subito un punto: non si tratta di clonazione o di un disco manieristico. I Watain hanno un loro stile ben definito… semplicemente sono riusciti ad incarnare meglio ancora della loro guida spirituale/musicale la vera essenza del black/death svedese, con le sue melodie, la sua possenza, la sua carica, la sua malvagità, il suo essere spiccatamente satanico. Ulteriore anello di congiunzione tra le due band è la presenza di Set Teitan in veste di lead guitarist e di autore del testo proprio della opener “Legions of the black light”, brano che scorre via bene nonostante la durata superi gli otto minuti e che mette in chiaro fin da subito che qui ci troviamo di fronte ad un gran disco. La produzione è nettamente superiore a quella di “Casus Luciferi”, così come la prova generale della band, più matura e professionale, anche se i puristi del black potrebbero obiettare che rispetto ai primi due album sia andata persa un po’ di malvagità e oscurità proprio grazie ad un sound meno marcio e cupo. Se il primo brano alterna parti veloci a momenti più lenti e riflessivi, con la successiva “Satans hungher” i ritmi si fanno decisamente veloci, anche se mai esasperati. Ed è forse proprio questa la caratteristica principale di questo nuovo cd, e cioè che rispetto al passato i mid tempo predominano rispetto ai tempi sparatissimi. Tralasciando il riflessivo intermezzo “Whitershins” arriviamo a “Storm of the antichrist”, che come preannuncia il titolo è un vero e proprio olocausto sonoro. Quando poi ascolterete l’inizio di “The light that burns the sun” mi direte se non ho ragione nel dire le cose scritte in apertura di recensione… qui lo spirito di Jon rivive in una sorta di tributo messo su da E. Danielsson e soci. Se, come detto prima, la furia cieca degli esordi è leggermente stata stemperata, di certo non si può dire lo stesso della loro attitudine, ancora al 100% satanista e integralista. E forse proprio questo loro essere coerenti e ostinati nel portare avanti ciò in cui credono fa dei Watain una band genuina, a differenza di tanti pagliacci col volto pittato… Dalla titletrack alla maligna “Darkness and death” il cd continua a scorrere senza cali, nonostante la lunghezza dei brani non sempre aiuti l’ascoltatore. C’è da dire, però, che la band riesce ad essere abbastanza varia da riuscire a non ripetersi. Un nuovo intermezzo semi acustico, “Dead but dreaming”, ed è la volta della conclusiva “Stellarvore”, altri otto minuti in cui i nostri trasportano l’ascoltatore in una sorta di rito attraverso riff e cori oscuri, degno epilogo di un album a cui è possibile rivolgere poche critiche. I Watain sono forse gli ultimi alfieri del black metal inteso in un certo modo, uno degli ultimi baluardi dell’integralismo black e già solo per questo andrebbero rispettati. Se poi a questo aggiungete il fatto che riescono anche a scrivere dischi di un certo spessore come “Sworn to the dark” direi che non c’è altro da aggiungere.
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