Da tempo era convinzione diffusa che i Krux, doom-project nato su iniziativa del bassista Leif Edling (Candlemass) e del cantante Mats Levèn (già Abstrakt Algebra, Malmsteen, ecc.), fossero stati l’ennesima meteora capace di brillare per una sola estate. Invece il gruppo ha lavorato in silenzio, ed ora ci sorprende con l’irrompere del suo secondo full-lenght.
Spartano sin dal titolo, il disco viene pubblicato quasi in sordina e senza il sostegno delle fanfare pubblicitarie che normalmente accompagnano personaggi di questo tipo, settoriali ma comunque di buona fama. Però il contenuto è tutt’altro che modesto, anzi si tratta di uno dei migliori capitoli doom-metal sentito in tempi recenti.
Nessun mutamento rispetto all’ottimo debutto, i Krux si confermano una solida band di scuola ottantiana con forti richiami in primo luogo ai Candlemass, ma anche a nomi quali Trouble, The Obsessed ed inevitabilmente ai Black Sabbath del periodo post-Ozzy. Un gruppo che non cerca di rendersi originale con plateali effetti speciali o bizzarre contaminazioni, puntando invece sulla propria tradizione musicale in modo semplice e lineare, pur se derivativo. Qualcuno troverà troppo evidente la vicinanza alle migliori opere dei Candlemass, ma è innegabile che i Krux abbiano sfruttato tale influenza con grande efficacia.
Il particolare fascino di questa band nasce dall’abilità nel rivestire ogni singolo brano di una magnifica tensione drammatica, senza però scadere nella stucchevolezza gotica. Il disco è impregnato di severità oscura, di tragica solennità, di atmosfere che esaltano per contrasto la sobria eleganza del songwriting e la puntigliosa professionalità dell’esecuzione strumentale.
Brani compatti come macigni, incedere lento e possente ravvivato da passaggi di puro metallo epico, assoli lancinanti e vocals ieratiche, i Krux realizzano un’opera di stampo tradizionale ma ricca di qualità.
Tra i momenti notevoli disseminati lungo tutto l’album citiamo l’impressionante partenza, con la cupa ed avvolgente “Serpent” ad aprire la strada con le sue tastiere dal feeling settantiano, seguita dalla bellissima gemma mortifera “Devil sun” che ci immerge in una tristezza raggelante degna dei migliori brani di questo genere.
Altri picchi sono i toni orrorifici della sinistra “Lex Lucifero”, la grandiosità di “Sea of doom”, vero inno all’heavy tenebroso, ed ancora le irruenti sferzate metalliche della convulsa “Pirates” e la estesa e monolitica chiusura “The big empty”. Episodi di spessore che bilanciano perfettamente gli aspetti heavy e le profonde sensazioni di arcano mistero, una forza evocativa tanto intensa da annullare ogni eventuale debito d’ispirazione.
Nel complesso il nuovo album dei Krux risulta non inferiore ad opere ben più acclamate. Forse non è la scelta giusta se in questo genere cercate solo la novità stupefacente, ma se vi accontentate di ascoltare doom-metal di ottima levatura non fatevi sfuggire “Krux II”.
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