Dopo il live “retrospettivo” dei Dokken, la Frontiers licenzia un altro prodotto apparentemente all’insegna del classico “come eravamo”, scegliendo questa volta come protagonisti i fantastici Winger.
Si tratta anche in questo caso di un lavoro complessivamente parecchio interessante, sicuramente molto valido per la sua funzione “educativa” rivolta a tutti quelli che li hanno conosciuti e magari imparati ad apprezzare solo grazie all’ultima prova in studio, ma che anche i “fedeli” aficionados del gruppo farebbero bene a non sottovalutare.
Una doppia raccolta di demos che testimonia assai bene quanto i Winger non abbiano mai voluto adagiarsi sugli “allori”, nemmeno quando questi erano talmente consistenti da garantire una posizione comoda e confortevole.
Tre dischi abbastanza diversi, sottomessi ad un’urgenza d’evoluzione sicuramente più forte delle leggi commerciali, i cui brani maggiormente importanti ritroviamo presenti in questa sostanziosa antologia, restituiti in versioni leggermente differenti e meno “levigate”, e per questo sufficientemente appetibili anche per chi li ha tuttora impressi indelebilmente nella memoria.
Chi ha amato “IV” rileverà presumibilmente una superiore affinità con le canzoni poi inserite in “Pull” (“Blind revolution mad”, “Spell I'm under”, “Junk yard dog” e “Who’s the one” sono i gioielli principali di un albo spesso colpevolmente sottovalutato), tuttavia sono altresì quasi sicuro che non potrà sottrarsi al fascino “catalizzante”, nel pieno del tipico hard cromato yankee ad elevato coefficiente di melodia, delle tracce destinate allo spumeggiante debutto (“The Moet et Chandon of the melodic rock genre”, come lo definì Raw Magazine, con canzoni come “Madalein”, “Seventeen”, “Headed for a heartbreak”, “Hungry”, “Time to surrender”, che appaiono ancora oggi una più bella dell’altra, testimoniando una valenza tutt’altro che effimera), nonché farsi ammaliare dall’ardore “tecnologico” di “Can't get enuff”, dallo splendore romantico di “Miles away”, dall’afflato funky di “Loosen Up” o ancora dal delizioso clima AOR di “In the day we'll never see”, “Under one condition” e della temeraria “Rainbow in the rose” (sublime!), alcuni degli hits che resero l’eclettico “In the heart of the young”, una “faccenda” da quindicesimo posto nelle classifiche di Billboard.
Aggiungiamo ben dieci tracce mai apparse sugli album, anch’esse di buonissima qualità (“Star tripper”, “Skin tight”, “Someday someway” e “Written in the wind”, sono le mie preferite), pur senza superare le loro “sorelline” più famose, una registrazione tutto sommato piuttosto soddisfacente e approdiamo al giudizio conclusivo di “Demo anthology”: un acquisto unanimemente plausibile e consigliabile, un’avvincente lezione (o un “ripasso”) di “storia” che meriterebbe, proprio come si fa con i film in videocassetta e Dvd, l’etichetta “adatto a tutti”.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?