Ci sono alcune bands che sono come la tigna, cioè dure a morire, ad essere estirpate, nonostante in molti se ne augurino la dipartita da questo mondo infame. I Six Feet Under sono una di quelle, in virtù del fatto che, dopo un debut azzeccato, “Haunted”, la band ha iniziato una parabola discendente, che ai più è sembrata una colata a picco, il cui punto più basso è rappresentato dal precedente “13”, vera schifezza d’autore, firmata Chris Barnes.
Ebbene per la legge delle probabilità, per un mero dato statistico, e anche perché fare peggio di “13” era oggettivamente impossibile, dopo tante ciofeche anche i Six Feet Under fanno un disco degno di nota.
Questo “Commandment”, vuoi perché abbandona i reiterati (fino alla nausea) mid-tempos del precedente disco, ci regala dieci tracce dove la band riscopre il gusto per sfuriate violente, per cavalcate che molto hanno del thrash metal anni ’80, per riff zanzarosi nella tradizione Obituary.
Inoltre si nota un maggiore sforzo compositivo nella costruzione delle canzoni, laddove per tale ovviamente non si devono intendere composizioni più tecniche, in quanto la musica dei SFU resta ancora un bel po’ “ignorante”, bensì canzoni che non si appiattiscono su se stesse, che non sono “involute”, ma per certi versi riescono a rimanere fresche e pimpanti, e dove il groove ritmico non resta “spurio”, anzi è accompagnato da una guitar-working dinamico.
Emblema di quello che dico è la seconda traccia “Thou Shall Kill”, forse la migliore del lotto.
Il risultato finale è una sorta di death’n’roll che sembra una versione cupa (per via della voce di Barnes e delle accordature ribassate) di Motorhead e AC/DC. Qualcuno storcerà la bocca, ma è sempre meglio delle schifezze precedenti.
Nota negativa per la voce di Barnes, il quale è anche produttore di questo disco e che, evidentemente, ha applicato qualche filtro alla sua voce, o forse no. Quello che voglio dire è che due sono le cose, o ha applicato un filtro alle sue vocals, per farle suonare “grasse” e brutali, oppure ha semplicemente cannato la produzione delle stesse, perché suonano molto finte.
Al di là di questo difetto tuttavia questo disco è valido e sono sicuro che darà il meglio di sé dal vivo, perché si presta, a tratti, ad uno sfrenato headbanging.
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