Copertina 5,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2007
Durata:51 min.
Etichetta:Century Media
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. EPOCH OF WAR
  2. IMMOLATION
  3. AUTOPSY
  4. NOCTURNE (INSTRUMENTAL)
  5. THE MONOLITH
  6. CONSTRUCT AND COLLAPSE
  7. ENDURE
  8. FIRE MADE FLESH
  9. SECOND DEATH
  10. THE BALANCE OF ETERNITY

Line up

  • Seth Hecox: guitar, keys
  • Jason Wisdom: lead vocals, bass
  • Alex Kenis: guitar, vocals
  • Brent Duckett: drums

Voto medio utenti

Dopo due anni passati in giro per il globo a promuovere dal vivo il loro album di debutto "Terminate Damnation", i Becoming The Archetype sono tornati in studio e hanno dato vita al loro secondogenito, questo "The Physics Of Fire" oggetto di questa recensione.
La band di Atlanta si cimenta in un death metal melodico palesemente influenzato dalla scena svedese, senza disdegnare qualche influenza metalcoreggiante come ormai tutti i gruppi del genere ci hanno abituato a sentire. Detto questo, molti avranno già storto il naso, ma spezziamo una lancia a favore dei Becoming The Archetype: la formula di base della loro musica non brilla certo per originalità (prerogativa appannaggio di pochissimi, ormai), ma quel che è sicuro è che la band fa il possibile per rendere la propria proposta il più personale possibile. I pezzi quindi, oltre alle solite sfuriate swedish presentano svariati cambi di tempo, inserti di doppie voci pulite (un po' emo a dire il vero), e veri e propri assalti in stile death, con batteria assassina che pesta forte. Insomma, c'è una certa varietà di fondo nella struttura dei pezzi che evita che i Becoming The Archetype cadano troppo nella stereotipia. Dovendo però disegnare un grafico della soglia di attenzione e di gradimento di "Physics Of Fire" con in ascissa la durata del disco e in ordinata l'indice di gradimento si noterà come quest'ultima si avvicini progressivamente allo zero man mano che l'album scorre: questo perchè alla lunga si nota come la minestra sia sempre quella, anche se servita in maniera migliore di tante altre band dello stesso genere. Il problema è che ormai questo tipo di sonorità ha fatto il suo tempo, ed i suoi capolavori sono già stati scritti da altri, quindi il disco non ha quella freschezza che altri suoi predecessori hanno avuto. Tanto di cappello per cercare di variare un po' quella che è la ricetta tipica del death melodico metalcorizzato, ma al di là di questo c'è poco.
Recensione a cura di Michele ’Coroner’ Segata

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