Se vi piacciono i dischi di metal sinfonico e dal forte sapore folk questo “The varangian way” fa decisamente al caso vostro… Tastiere pomposissime, cori vichinghi, violini, organetti e testi che parlano di guerre, battaglie e gloria. Cosa volete di più? Arrivano dalla Finlandia i Turisas e devo ammettere che sanno il fatto loro. Certo, nulla di quanto contenuto in questo cd è particolarmente originale, basta prendere un disco a caso dei nostrani Rhapsody Of Fire per ritrovare molte delle sonorità della band finnica (e probabilmente in quel caso siamo anche più di un gradino più in alto), però ciononostante il disco scorre via bene. Anche il concept che lega gli otto brani è interessante, e riguarda i Varangiani, niente altro che una stirpe vichinga che dalle sponde del Baltico si spinse fino a Costantinopoli. Se volete farvi un viaggio immaginario attraverso i fiordi a bordo di un drakkar non dovete far altro che premere play e iniziare a cantare a squarciagola il coro epicissimo di “To Holmgard and beyond”, il risultato è assicurato, e vi assicuro che era da tempo che non ascoltavo un brano così avvincente e gasante… Dopo l’altrettanto carina e corale “A portage to the unknown” è la volta della più dura e diretta “Curse be iron”, prima che le pompose tastiere sinfoniche e gli intermezzi acustici tornino a galla in “Fields of gold”. Sinceramente non mi aspettavo di arrivare quasi alla metà del cd ed avere un giudizio così pienamente positivo. Nonostante il lato più estremo e viking abbia abbondantemente lasciato spazio a quello più epico e sinfonico il sound dei Turisas non è completamente snaturato e il fatto di non aver inserito stupidi intermezzi e intro e outro vari rende il cd ancora più interessante: per la serie dritti al punto. Bene così… È ora il turno di rifocillarsi in una locanda con birra e carne alla brace, e cosa meglio di “In the court of Jariself” per farlo? Qui lo spettro dei padrini del folk metal, gli Skyclad, salta fuori prepotentemente, sia per l’uso del violino, sia per quello, massiccio, dei cori maschili. Certo la classe degli inglesi è cosa difficilmente raggiungibile, però devo ammettere che i Turisas si difendono molto bene… Con l’inizio delicato di “Five hundred and one” pensavo fosse giunto il momento di una canzone più riflessiva, invece dopo qualche secondo tutta la furia del gruppo esplode in un riffone pesantissimo, e ancora una volta, anche per il tipo di cantato, mi è venuta alla mente la band di English e Ramsey, pur con le dovute differenze stilistiche (leggi tastieroni a manetta…). Molto epico e rhapsodyano il finale della song, con tanto di cantato narrato e cori conclusivi… Più powerosa “The Dnieper rapids” che ci traghetta verso la suite finale, e anche in questo caso mi è venuta in mente una similitudine con la band di Turilli e Staropoli, che tanto amano concludere i loro cd con un’epica e lunga suite come apice supremo della storia. È così anche per “The varangian way” che presenta in chiusura “Miklagard overture”, oltre otto minuti aperti in pompa magna da tastiere poderose e fiati (purtroppo abbastanza sintetici). Vi assicuro che scorreranno via senza annoiare, un po’ come tutto il resto del cd d’altra parte… Sinceramente sono stato piacevolmente colpito da questo disco. Naturalmente l’ascolto è consigliato quasi esclusivamente agli amanti di queste sonorità, altrimenti il rischio è quello di sclerare già al terzo giro di tastiera. Se amate Rhapsody, Blind Guardian e il nuovo epic metal “The varangian way” fa al caso vostro, passerete tre quarti d’ora piacevoli fra le terre del nord…
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