Etichettato spesso e volentieri come il primo vero spartiacque tra heavy metal e thrash, l’album di debutto dei
Metallica è più verosimilmente una delle tante uscite che nella prima metà degli anni ’80 portava in se alcuni degli elementi che divennero caratterizzanti per il movimento, destinato a conoscere il periodo di massima espansione nella seconda metà del decennio.
Da
Kill Em All, infatti, trasudano infiniti richiami alla N.W.O.B.H.M. che non a caso costituiva il bacino d’ascolto privilegiato di Hetfield e Ulrich. Le due menti a capo della band erano, infatti, autentici cultori del sound di formazioni britanniche come
Blitzkrieg,
Motorhead,
Venom e
Diamond Head, le cui influenze sonore e attitudinali si palesano dalla prima all’ultima traccia del disco (un caso rappresentativo su tutti
“Motorbreath”) frammiste al germinale desiderio di andare oltre, che si rende concreto nel suono imposto alle chitarre, qui molto ruvido e tagliente, quasi a voler dimostrare che si poteva andare più veloce e forte rispetto a quanto già facessero gli
Exciter, veri antesignani dell’estremizzazione.
Come in ogni opera, anche in questo caso non mancano le note dolenti, per altro piuttosto contenute tenendo a mente le considerazioni espresse in precedenza.
Il principale punto debole di Kill è la somiglianza un po’ troppo marcata tra i brani che lo compongono, per altro acuita da un minutaggio eccessivo quando gli argomenti a portata di strumento non sono poi molti (si pensi ai soli che, seppur piacevoli, sostanzialmente sono tutti uguali). Secondariamente, a farsi notare è la mancanza della sezione ritmica di base.
Il gruppo, infatti, pur sfoggiando i validi Hetfield e Burton, patisce Ulrich, la cui peculiarità è mascherare dietro una costante montagna di colpi sui piatti, le proprie innumerevoli lacune nei fondamentali del ritmo di batteria.
Nonostante ciò, Kill Em All resta un album da conoscere e ascoltare perché inquadrato in un periodo essenziale per gli sviluppi del metal mondiale.