Limitato a sole 250 copie, "Death Cult" è la primissima testimonianza su nastro degli svizzeri Coroner, incisa nel lontano 1986. Si tratta di una demo tape, ormai introvabile, contenente quattro pezzi, di cui solamente uno andarà a finire sull'album d'esordio "R.I.P.", ed ovviamente mi riferisco a "Spiral Dream". Ma procediamo con ordine: la band è formata da tre ex-roadies dei compatrioti Celtic Frost, e probabilmente non è un caso che alla voce in queste cinque tracce ci sia proprio Tom G. Warrior, chitarrista/cantante della band che proprio un anno prima aveva esordito con "To Mega Therion". In ogni caso la sua è solamente una guest appearance, e di fatto non lo si può considerare un membro effettivo dei Coroner.
Il sound è chiaramente molto immaturo, molto vicino all'heavy metal/speed del tempo, piuttosto che al thrash vero e proprio, come dimostra l'iniziale "Specatators Of Sin", in cui comunque già si inizia a cogliere la predilezione di Baron per riff dall'andamento ascendente/discendente, che troveranno poi largo uso (forse pure troppo) su "R.I.P.". Tra cavalcate, momenti più tirati ed altri talleggianti, il pezzo scorre tranquillamente, anche se non esaltando eccessivamente e durando troppo a lungo. Con "Spiral Dream" la musica cambia: il pezzo ovviamente viene eseguito con piglio molto meno fermo e deciso rispetto a quello che finirà sull'album d'esordio, ed anche a ritmi decisamente più lenti. Inizia a farsi più presente la matrice speed/thrash, unita alla componente tecnica maggiormente in primo piano. Il pezzo lo conosciamo tutti, ma i margini di miglioramento in questo caso sono abbastanza ampi. Si prosegue con "Aerial Combat", che fa marcia indietro tornando su coordinate più heavy metal che altro, con tappeto di doppia cassa e un lavoro di chitarra che ricorda molto i Judas Priest, pur mettendo in luce una struttura dei riff che si rivela mediamente ben più complessa rispetto a quella di Tipton e Downing. L'alternanza di vari riff, la presenza di più assoli anche di breve durata, la preponderanza assoluta delle parti strumentali e l'assenza del cantato lasciamo comunque intendere chiaramente verso che direzione i Coroner si muoveranno nel futuro. Con "The Invincible" l'atmosfera si fa più plumbea, con un riff che ricorda molto da vicino i Diamond Head, e procedendo con un fare trascinato, quasi doomeggiante, in cui la voce di Warrior si trova decisamente a proprio agio. Un pezzo che si fa decisamente più evocativo e risente dell'influenza di certo metal classico in stile Marcyful Fate, il che non guasta affatto. Anche qui si esagera con la durata della canzone, che raggiunge i sette minuti di durata. Nella versione bootleg messa in circolazione anni più tardi, troviamo anche "Arrogance In Uniform", in cui la componente speed/thrash è senza dubbio più presente rispetto alle tracce precedenti, costituendo l'episodio migliore di "Death Cult" assieme a "Spiral Dream". Introdotta da un riff 100% Coroner, il pezzo parte poi lanciatissimo, alternando assalti diretti e feroci a stacchi più lenti, evidenziando le caratteristiche musicali tipiche che si ritroveranno poi in "R.I.P.". Si tratta in definitiva di una song che sarebbe potuta finire benissimo nell'album di esordio, poichè si rivela un pezzo dannatamente convincente e nettamente più ragionevole in termini di minutaggio rispetto alle precedenti tracce.
Per chi volesse conoscere questa grandiosa band, "Death Cult" non è certo il punto di partenza migliore, ma per coloro che conoscono ed amano i Coroner questo demo può essere interessante per capire quella che è stata l'evoluzione musicale del gruppo.
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